Trump, giorni decisivi: giallo sulla salute del presidente Usa. Il medico: «Non è ancora fuori pericolo»

Trump, i due giorni decisivi: giallo sulla salute del presidente Usa
Trump, i due giorni decisivi: giallo sulla salute del presidente Usa
di Anna Guaita
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Domenica 4 Ottobre 2020, 01:48 - Ultimo aggiornamento: 16:27

NEW YORK Quando si viene alla salute dei presidenti, nessuna Amministrazione è mai stata particolarmente prodiga di informazioni. Ma la Casa Bianca di Donald Trump aggiunge alla tradizionale ritrosia anche una dose di confusione. A sentire i due medici che hanno parlato ieri mattina davanti al colonnato del Walter Reed Hospital, il presidente risultato positivo al covid-19 «sta molto bene».

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«Stiamo lavorando duro per tornare, devo tornare perché dobbiamo fare ancora l'America di nuovo grande, abbiamo fatto un lavoro molto buono ma mancano ancora alcuni passi, dobbiamo finire il lavoro. Penso che tornerò presto. Sono impaziente di finire la campagna nel modo in cui l'abbiamo iniziata e in cui la stiamo facendo»: lo ha detto Donald Trump in un video postato su Twitter e registrato in ospedale, dove parla in giacca senza cravatta, con aria un po' sciupata, e leggendo dagli appunti.

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Il medico personale di Trump, Sean Conley ha anzi raccontato che il presidente sosteneva di sentirsi tanto bene da «essere pronto a uscire subito dall’ospedale», desiderio comunque immediatamente ridimensionato dall’equipe medica che intende tenerlo almeno cinque giorni, quanto durerà la terapia d’urto a cui viene sottoposto.

 
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Sia il dottor Conley, che il dottor Brian Garibaldi hanno assicurato che tutto procede tranquillamente e che il presidente ha un battito cardiaco e una pressione arteriosa regolari, mentre sia la funzionalità dei reni che del fegato sono normali: «Siamo molto felici dei suoi progressi» ha detto Conley. Poi più tardi il team che sta curando Trump ha fatto sapere di essere «cautamente ottimista».
Conley però ha precisato però che il presidente «non è ancora fuori pericolo».



 

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L’ALTRA VERSIONE
E tuttavia, in forma privata, fonti della stessa Casa Bianca hanno detto ai giornalisti del pool, il piccolo gruppetto che segue il presidente quotidianamente, che non solo il presidente ha dovuto ricevere ossigeno supplementare venerdì, ma che, contrariamente alle dichiarazioni dei medici, «i suoi parametri vitali nelle ultime 24 ore erano molto preoccupanti e le prossime 48 ore saranno decisive per la sua salute». Lungi dal condividere l’apparente soddisfazione dei medici, la fonte ha affermato: «Non siamo ancora su un chiaro percorso di una piena guarigione». Sembra che la fonte anonima sia stato addirittura il capo dello staff presidenziale, Mark Meadows, la cui voce è stata colta dai microfoni proprio mentre diceva che voleva essere citato solo «off the record». Peraltro anche i medici hanno concorso a creare confusione, perché Conley, parlando alle 11,30 di sabato, ha detto che la diagnosi risaliva a 72 ore prima e Garibaldi ha comunicato che il presidente aveva ricevuto una prima dose di antivirale Remdesivir appena arrivato in ospedale e che aveva cominciato 48 ore prima alla Casa Bianca la terapia con il Regn-Cov2, il cocktail sperimentale di due anticorpi monoclonali. Ma questa cronologia non corrisponde affatto a quello che Trump stesso ha dichiarato.

LA DENUNCIA
La Casa Bianca ieri pomeriggio ha tentato di correggere i medici, affermando che si dovevano essere confusi. Se infatti la cronologia fosse quella che hanno detto Conley e Garibaldi, significherebbe come minimo che Trump ha partecipato a comizi e incontri con i suoi sostenitori sapendo di essere positivo al test del covid-19. Il giornalista della Fox Chris Wallace, che ha fatto da moderatore al dibattito dello scorso martedì a Cleveland, ha pubblicamente denunciato che il gruppo presidenziale era arrivato in ritardo alla Cleveland Clinic e per questo non aveva avuto il tempo di sottoporsi al test al quale tutti gli altri si erano dovuti sottoporre prima di poter partecipare allo scontro con il candidato democratico Joe Biden. 

Wallace ha spiegato che si è dovuti «ricorrere all’honor system», cioè gli organizzatori si sono fidati della parola del presidente, che aveva assicurato che tutti si erano già sottoposti a un test precedentemente. Del gruppo presidenziale però poche ore dopo risultavano positivi sia la consigliera Hope Hicks, che la First Lady Melania, oltre che Trump stesso. Wallace ha lamentato con forza nel suo stesso canale, normalmente molto schierato con Trump, che il gruppo presidenziale non aveva rispettato neanche la regola di indossare la mascherina, mentre quelli al seguito di Biden avevano obbedito alla richiesta della Cleveland Clinic.


IL TWEET
Ieri pomeriggio, dopo lunghe ore di inusitato silenzio twitter, Trump è ricomparso con un cinguettio: «Medici, infermieri e tutto il grande Walter Reed Medical Center, ed altri di istituzioni analoghe, incredibili, che si sono uniti a loro sono pazzeschi. Enormi progressi sono stati compiuti negli ultimi sei mesi nel combattere questa peste. Con il loro aiuto, mi sento bene». 

Il messaggio è stato analizzato da esperti che hanno subito suggerito che non era di pugno del presidente, il quale non usa mai le virgole. Intanto varie fonti rivelano che la decisione di ricoverare il presidente era venuta perché le sue condizioni stavano peggiorando, e lui stesso era molto ansioso: «Sto facendo la fine di Stan Chera?» chiedeva ai collaboratori, riferendosi a un imprenditore suo amico ucciso dal virus lo scorso aprile.
 

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