Le sanzioni contro la Russia dividono l'Europa: le ripercussioni e cosa potrebbe succedere in Italia

Benché le tensioni vadano avanti da settimane, la mossa di Putin ha spiazzato le cancellerie occidentali

Le sanzioni contro la Russia dividono l'Europa: le ripercussioni e cosa potrebbe succedere in Italia
Le sanzioni contro la Russia dividono l'Europa: le ripercussioni e cosa potrebbe succedere in Italia
di Gabriele Rosana
7 Minuti di Lettura
Martedì 22 Febbraio 2022, 11:57 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 15:32

Cosa vuol dire il riconoscimento di Donetsk e Lugansk?

Con un discorso intriso di riferimenti neo-imperialisti, Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle due “repubbliche” separatiste di Donetsk e Lugansk, nel sudest del Paese e inviato un primo contingente russo con il pretesto di schierare forze di cosiddetto “peacekeeping”. La strategia del Cremlino non guarda all’annessione immediata come accaduto invece quando i carri armati russi entrarono in Crimea otto anni fa, ma semmai a riproporre a est un nuovo conflitto congelato, come fatto già dopo la guerra russo-georgiana dell’agosto 2008, quando Mosca riconobbe l’autonomia di Abkhazia e Ossezia del Sud. Spezzando in due l’Ucraina, Putin lancia un macigno sul sentiero di integrazione di Kiev nelle istituzioni occidentali e reclama i diritti storici della Russia sul suo immediato vicinato. Da stamattina il governo britannico ha cominciato a parlare di invasione, le istituzioni europee non ancora. Seguiranno (per una volta) Londra?

In che modo risponderà l’Occidente? 

Benché le tensioni vadano avanti da settimane, la mossa di Putin ha spiazzato le cancellerie occidentali.

Il pacchetto di sanzioni «senza precedenti» concordato tra Bruxelles, Washington e Londra era stato infatti preparato in caso di invasione militare dell’Ucraina, non anche nell’ipotesi di un riconoscimento delle due “repubbliche” separatiste. I negoziati diplomatici di queste ore sono tesi proprio a valutare natura e intensità delle misure da mettere in campo. 

Perché l’Europa è divisa? Che effetti si temono sulle imprese?

Gli stessi Paesi membri dell’Ue si trovano su posizioni diverse, con quelli più esposti a est, a cominciare dai Baltici, che chiedono di mettere in campo le sanzioni senza perdere altro tempo, mentre le economie principali - Italia, Francia e Germania - più attente ad adottare un approccio graduale, nel timore di pesanti conseguenze per le loro economie, che con la Russia intrattengono importanti relazioni commerciali. La possibilità di un fondo di compensazione per le imprese, simile a quello adottato in simili circostanze per le economie più colpite dalla Brexit, è allo studio. 

Di che misure si tratta per il momento?

Si comincia con quelle oggettivamente più soft. Ieri sera l’Alto rappresentante Josep Borrell era stato il primo a parlare di sanzioni, seguito a ruota dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che hanno tuttavia precisato si tratterebbe di “misure dirette a colpire le persone coinvolte nell’atto illegittimo” attraverso uno stop ai visti e il congelamento dei conti correnti e dei beni posseduti in Europa. Per ora, invece, il primo pacchetto di misure punitive adottato dagli Stati Uniti colpisce solo i (limitatissimi) affari nella regione del Donbass, dove gli scontri tra filogovernativi e filorussi vanno avanti da otto anni: stop agli investimenti a Donetsk e Lugansk, import e export con le due “repubbliche” e via alle sanzioni individuali, che spesso si rivelano tuttavia armi spuntate perché gli oligarchi russi si affidano a dei prestanome per i loro affari all’estero. 

Fino a che punto si possono spingere le sanzioni? Che c’entrano le banche?

In caso di estensione delle ostilità verso ovest, l’Occidente ha “un pacchetto di sanzioni pronto, che possono essere applicate a seconda del livello di aggressione”, ha annunciato ieri Borrell, per mettere in ginocchio l’economia russa. Tolta l’opzione delle sanzioni mirate contro gli individui, il resto è artiglieria pesante. Più che tagliare fuori Mosca dal sistema internazionale di pagamenti Swift usato da pressoché tutte le banche del mondo - una mossa che indebolirebbe il sistema e accelererebbe la creazione di un canale alternativo da parte di Russia e Cina - Bruxelles, Washington e Londra valuterebbero il divieto di compiere transazione con i principali istituti di credito russi; in particolare Vtb, Sberbank, Veb e Gazprombank. Tra le opzioni anche lo stop indefinito alle procedure di autorizzazione del gasdotto Nord Stream 2, con cui la Russia raddoppierebbe i volumi di gas esportati in Europa. Questa mattina la Germania ha anche ufficializzato una delle opzioni più radicali sul tavolo, cioè lo stop indefinito alle procedure di autorizzazione del gasdotto Nord Stream 2, con cui la Russia sperava di raddoppiare i volumi di gas esportati in Europa.

A proposito, si rischia un ulteriore impatto sulle forniture del gas?

Intervenendo al rapido Consiglio europeo straordinario della scorsa settimana, durato appena un’ora, il premier Mario Draghi ha invitato gli altri leader Ue a tenere il settore energetico al riparo dalle sanzioni, vista la forte dipendenza dell’Europa (e della stessa Italia) dal gas russo. Mosca rifornisce l’Europa per circa il 40% della sua domanda di gas attraverso il monopolista di Stato Gazprom: con i prezzi del metano già alle stelle anche a causa dei volumi sempre più ridotti in arrivo da Mosca, il Cremlino potrebbe decidere di reagire alle sanzioni interrompendo quasi o del tutto le forniture all’Europa, dando priorità alla domanda asiatica, e facendo così schizzare ancora di più i valori dell’energia. 

Bruxelles in questi giorni sta lavorando a un piano per garantire la sicurezza delle sue riserve, fissando dei volumi minimi da garantire negli stock nazionali e andando avanti con la strategia, seppur su base volontaria, di un meccanismo di solidarietà per la condivisione del gas. 

Perturbazioni in vista anche per l’export?

Era già successo con le restrizioni decise da Bruxelles in seguito all’annessione della Crimea nel 2014 e con le contromisure prese da Mosca che hanno colpito vari comparti industriali europei, in particolare l’agroalimentare. La presidente della Commissione europea ha già chiarito che Bruxelles è pronta a istituire un meccanismo di controllo dell’export per bloccare il trasferimento verso la Russia della componentistica tecnologica di cui il Paese ha bisogno “per modernizzare la propria economia”.

Quando si deciderà?

L’annuncio di Putin è arrivato subito dopo la fine di un vertice-fiume dei ministri degli Esteri a Bruxelles, che infatti dovranno riaggiornarsi oggi pomeriggio per decidere come muoversi. La palla passa a Parigi, dov’era già in programma un summit dei ministri degli Esteri dell’Ue sull’Indo-Pacifico nel quadro delle iniziative della presidenza francese del Consiglio dell’Ue e dove è stata convocata per oggi una riunione d’emergenza. Arrivando a Bruxelles dov’è invece in corso il Consiglio Affari generali, il ministro degli Affari europei francese Clément Beaune ha insistito sulla necessità di adottare sanzioni “adatte alla situazione”. Molto probabile anche la convocazione di un summit dei leader entro la settimana per un confronto di natura politica.

Cosa serve per approvare le sanzioni?

L’unanimità dei Ventisette Stati membri. Bruxelles è al lavoro con Londra e Washington per definire un pacchetto che dimostri l’unità occidentale, ma perché le misure vengano adottate queste devono essere approvate da tutti i ministri degli Esteri dell’Ue. Nei giorni scorsi qualcuno ha temuto per una defezione dell’Ungheria di Viktor Orbán, lo Stato Ue più vicino a Putin, ma lunedì sera Budapest ha chiarito che non ha intenzione di allontanarsi dalla linea comune europea. 

Economia a parte, si apre una nuova rotta migratoria?

L’eventualità è concreta. E i Paesi Ue si preparano ad affrontarla: secondo le stime della Polonia saranno circa un milione gli ucraini che attraverseranno il confine chiedendo asilo a Varsavia. Una piccola quota per un Paese che ha 44 milioni di abitanti, ma per cui Bruxelles sta già preparando una risposta anche in termini di sostegno agli sfollati interni che dal Donbass si sposterebbero nell’ovest del Paese. Oggi la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson è in Polonia: in caso di invasione nel Donbass molti sfollati interno lascerebbero le proprie case per dirigersi verso l’ovest del Paese. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA