Odessa e Mariupol, le città in trappola assediate dai russi: «Non contiamo più le vittime»

La minaccia della guerra si sentiva da tempo ma erano in pochi a credere che si sarebbe davvero arrivati a questo punto

Odessa e Mariupol, le città in trappola assediate dai russi: «Non contiamo più le vittime»
Odessa e Mariupol, le città in trappola assediate dai russi: «Non contiamo più le vittime»
di Valeria Arnaldi e Valentina Errante
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Giovedì 3 Marzo 2022, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 10:38

Il rumore delle bombe in lontananza. Il coprifuoco che chiude le porte, tutte, appena cala il buio. E la paura che lascia le strade pressoché deserte anche di giorno. Odessa è sotto assedio. L’esercito russo è vicino. «A un’ora», dicono gli abitanti. Così subito ci si rifugia in casa, aspettando che qualcosa accada e ringraziando per ogni minuto che passa senza che, invece, succeda nulla. La memoria del missile che, giovedì scorso, ha colpito il porto, causando la morte di circa venti persone, è ancora ben viva nella gente. E la flotta russa, al largo, è un’ombra minacciosa. «I bombardamenti si sentono di continuo - racconta Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal, che da cinque anni vive in Ucraina e da tre a Odessa - Ci sono state varie esplosioni, ma non nel centro, non nei quartieri residenziali e questo tranquillizza almeno un po’. Dalle 19 alle 6 del mattino, comunque, non si può uscire, c’è il coprifuoco, e vedere tutto chiuso fa paura. Di giorno, si esce pressoché solo per fare la spesa».

Timori, preoccupazione, angoscia sono alla base anche di altri provvedimenti. «Tra le norme introdotte, c’è il divieto di fare foto dove ci sono soldati in divisa.

Nei giorni scorsi, sono stati scoperti informatori, tra poliziotti e anche giovani, che mandavano foto di vie, piazze, obiettivi ai russi e ora è scattata una specie di psicosi. Chiunque può essere scambiato per uno di loro ed essere arrestato, ci può finire in mezzo anche una persona che si fa un selfie». 

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I PRIMI SEGNALI

La minaccia della guerra si sentiva da tempo ma erano in pochi a credere che si sarebbe davvero arrivati a questo punto. «Nei mesi scorsi si viveva come se non stese accadendo nulla, gli ucraini sono fatalisti. Prima dell’attacco di giovedì, si pensava che quella di Putin fosse una dimostrazione di forza e che, come tale, si sarebbe fermata. Nessuno ha pensato di fare i bagagli e andar via. C’era una sorta di assuefazione alla guerra. D’altronde, nel Donbass, è iniziata otto anni fa. La distanza geografica dal conflitto qui manteneva sereni. Ritenevamo che Putin avesse già dimostrato, con quell’attacco, che l’Europa non avrebbe mandato mai un esercito a difendere l’Ucraina, come si è visto in Georgia. Pensavamo che quel successo gli bastasse». Ora le domande sono le stesse per tutti: «Cosa succederà? Quanta gente vedremo morire? - prosegue - Odessa è una città di letterati e artisti, che è sempre stata amata dai russi. Pensando a questo, credo che non la devasteranno: prenderla ha un alto valore simbolico. La paura è forte». 

GLI ITALIANI 

Come al solito fanno rete. «Siamo tutti in contatto, anche con la rappresentanza diplomatica. Per ora non stiamo pensando di abbandonare la città. I russi però si sono avvicinati, la presenza della flotta nella baia è minacciosa, hanno tentato di prendere una striscia di terra che avrebbe diviso in due la città, non ci sono riusciti. Sono stati respinti. Attendono le truppe di terra, che sono ferme a Nikolaev, a circa un’ora da qui. La speranza ora è che il dissenso in Russia aumenti. Nessuno vuole una guerra fratricida e questa lo sarebbe. Sono in tanti qui ad avere fratelli, parenti, amici in Russia». 

di Valeria Arnaldi 


Accerchiati. «Le forze armate continueranno ad avanzare in quest’area per porre fine ai bombardamenti delle aree residenziali», così aveva assicurato ieri in mattinata il portavoce della milizia separatista Eduard Basurin e invece a Mariupol, città circondata da giorni, non possono neppure uscire per contare i morti e soccorrere i feriti in strada: senza acqua, perché i russi hanno deviato l’acquedotto, senza riscaldamento, né medicine e cibo. Le bombe hanno centrato diverse centraline di distribuzione della corrente. E il diluvio di fuoco non cessa, da almeno 15 ore. La presa della Mariupol è strategica: rappresenta il ponte di terra tra la Crimea e il Donbass. Da Est sono arrivati i miliziani di Donetsk e da Ovest le truppe sbarcate dal mar Nero e così 500mila abitanti sono rimasti in trappola. Ora quella città, che nel 2014 si era ribellata al nuovo corso filo occidentale e aveva dichiarato la secessione, ma che l’Ucraina aveva in fretta ripreso, è sotto assedio. E dalle altre zone non possono arrivare rinforzi.

IL SINDACO

Il disperato grido di allarme del sindaco Vadym Boichenko è arrivato attraverso un’intervista al Guardian: «Le forze di occupazione della Federazione russa - denuncia - hanno fatto di tutto per bloccare l’uscita dei civili dalla città, mettendo in trappola mezzo milione di persone. Non possiamo nemmeno prendere i feriti dalle strade, dalle case e dagli appartamenti, perché i bombardamenti non si fermano. Non possiamo contare il numero delle vittime - aggiunge - ma crediamo che almeno centinaia di persone siano morte. Non possiamo entrare per recuperare i corpi». Alla Associated press, il primo cittadino della città portuale sulla costa settentrionale del mar d’Azov, ha anche raccontato che tre adolescenti sono stati colpiti da un bombardamento: sono stati portati in ospedale, uno di loro, che aveva perso le gambe a causa del raid, è morto. I familiari dei ragazzi hanno raccontato che sono stati colpiti mentre giocavano a calcio vicino a una scuola. Domenica a Mariupol era rimasta uccisa una bambina di soli 6 anni. Boychenko parla di “genocidio” per descrivere gli attacchi russi, usando la stessa parola che il Putin ha utilizzato per motivare l’invasione. 

VITTIME CIVILI

Anche il vice sindaco, Sergiy Orlov, racconta l’orrore: «Un distretto lungo il fiume, normalmente abitato da 130mila persone, è stato quasi completamente distrutto. L’esercito russo qui sta mettendo in campo tutte le sue armi: artiglieria, sistemi di lancio di razzi, anche tattici e aerei. Stanno cercando di distruggere la città. Le milizie ucraine sono molto coraggiose e continueranno a difendere Mariupol, ma lo stile dell’esercito russo è come quello dei pirati: non combattono con il loro esercito, distruggono solo interi distretti» ha aggiunto Orlov. Le forze russe hanno preso di mira stazioni di pompaggio e trasformatori elettrici, ha detto Orlov, e c’è carenza di cibo, in alcune parti della città, il rischio è quello di un’imminente crisi umanitaria.

di Valentina Errante
 

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