Cade dalla finestra e perde la vita Ravil Maganov, presidente del consiglio di amministrazione di Lukoil. Le morti degli oligarchi russi continuano, il mistero s'infittisce. La maledizione miete un'altra vittima, anche se più che alla cattiva sorte e al sovrannaturale forse bisogna guardare a cause molto più prosaiche, a una regia che sta dietro questi decessi in serie dei potenti dell'economia russa non sempre in linea con Vladimir Putin. In totale sono almeno una decina i miliardari morti negli ultimi mesi. Va ricordato che la Lukoil, l'azienda petrolifera di Maganov, l'ultima vittima, non aveva risparmiato critiche alla decisione del Cremlino di aggredire l'Ucraina.
Il quadro: la Lukoil è la più grande industria petrolifera privata russa e Maganov era il presidente del consiglio di amministrazione.
GLI ALTRI
I precedenti: a metà aprile muore Vladislav Avayev, 51 anni. Era stato consigliere del Cremlino ed vicepresidente della Gazprombank. Il corpo viene trovato nel fastoso appartamento al quattordicesimo piano di un elegante condominio della Capitale e Avayev aveva la pistola in mano. Vicino, i corpi senza vita della moglie e della figlia di 13 anni. Apparentemente un omicidio-suicidio, ma molte cose non tornano. Alcuni vicini spiegarono: «Era ricco, intelligente. Non è possibile che un uomo del genere possa uccidersi. Forse Avayev e la sua famiglia sono stati uccisi». Più di recente, il 6 luglio, tocca a Yuri Voronov, 61 anni, capo di Astra Shipping, società con contratti con Gazprom nell'Artico. Come in una serie di Netflix, il cadavere galleggia nella piscina della sua villa a San Pietroburgo. C'è una pistola, i media ipotizzano una «disputa con partner commerciali».
Inizio del 2022, in una dacia muore - versione ufficiale: suicidio - Leonid Shulman, 60 anni, top manager di Gazprom, già dirigente di Gazprom Transgaz. 25 febbraio, altro cadavere: Alexander Tyulyakov, 61 anni, vicedirettore generale del Gazprom Unified Settlement Center. La causa? Per la polizia altro suicidio. 21 aprile, Sergei Protosenya, un ex top manager di Novatek, muore a Lloret de Mar, in Catalogna. Protosenya, patrimonio da 400 milioni di euro, si è impiccato. A maggio cade da una scogliera sul Mar Nero Andrei Krukowski, 37 anni, il capo del resort Krasnaya Polyana, appartenente a Gazprom. In questo caso la tesi ufficiale è incidente. Coincidenza: il resort sciistico aveva tra i suoi clienti abituali Putin. Nello stesso mese perde la vita il miliardario Alexander Subbotin, 43 anni, ex alto dirigente del gigante dell'energia Lukoil, la stessa compagnia di Maganov. La causa ufficiale? Il decesso, dicono gli investigatori, è stato causato da un rimedio alternativo somministrato da uno sciamano: il veleno di rospo. Mikhail Watford, 67 anni, muore invece a febbraio. Si era arricchito con il petrolio e il gas nel far west seguito alla caduta dell'impero sovietico. Il suo vero nome era Mikhail Tolstosheya, il cadavere era stato rinvenuto a Wentworth, nel Surrey, in Gran Bretagna. Le cause? Non chiare. Non è una professione tranquilla quella degli oligarchi russi.