Killer russi per Zelensky: «Kadyrov era incaricato da Putin». E i potenti d’Europa vanno a fargli da scudo

Fallisce il piano affidato ai sicari ceceni. Quasi ogni giorno un leader Ue visita Kiev

Killer russi per Zelensky
Killer russi per Zelensky
di Marco Ventura
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Giovedì 21 Aprile 2022, 22:55 - Ultimo aggiornamento: 23 Aprile, 09:16

C’è un capo di Stato o di governo al mondo con un’agenda internazionale fitta come quella del presidente ucraino Volodymyr Zelensky? Probabilmente no. Ogni giorno c’è almeno una telefonata istituzionale con i suoi omologhi stranieri, spesso anche la visita ufficiale di qualche leader europeo a Kiev e sempre più di frequente l’invito come oratore virtuale d’eccezione in qualche Parlamento occidentale. Un solo limite: Zelensky non si muove dal suo bunker di guerra.

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Killer russi per Zelensky

Lo ha confermato in un’intervista a Mediazona, testata indipendente russa: «Sono pronto ad andare in qualsiasi parte di questo pianeta, ma certamente non ora e non a Mosca».  Qualche giorno fa un cameraman della BBC è entrato nella “situation room” e ha poi raccontato la paura e il fremito di trovarsi in un luogo in cui tutti i presenti «sanno di essere in ogni momento a rischio».

A cominciare da Zelensky.

 

Ma gli appuntamenti internazionali e la “processione” di leader stranieri rappresentano lo scudo più efficace contro la tentazione russa di farlo fuori. E non si può escludere che si tratti di un piano preciso, frutto della volontà comune di preservarlo in vita. Ieri il presidente ucraino ha parlato al telefono con l’omologo sudafricano Cyril Ramaphosa, e soprattutto ha incontrato a Kiev i primi ministri di Spagna e Danimarca, Pedro Sanchez e Mette Frederiksen. Ogni leader si presta a fare il viaggio normalmente in treno, attraversando zone di guerra. Come il premier britannico, Boris Johnson. E prima di lui i presidenti della Commissione e del Consiglio europei, Ursula von der Leyen e Charles Michel. E ancora, il cancelliere austriaco. Si è detto pronto ad arrivare fino a Kiev per stringere la mano a Zelensky addirittura il presidente Joe Biden, o quanto meno il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Uno scudo diplomatico quotidiano, che rende molto difficile per Putin, se mai ne avesse la tentazione, ordire un attacco killer al grande nemico. 


Ieri era l’anniversario di un assassinio eccellente dall’alto, il 21 aprile 1996. Due missili russi a guida laser centrarono il presidente della Repubblica cecena di Ichkeria, Dzochar Dudaev, che aveva commesso l’imprudenza di usare il satellitare per parlare con un deputato liberale della Duma. La sua chiamata venne intercettata da un aereo da ricognizione e, per esser sicuri di averlo liquidato, i russi fecero anche decollare altri due aerei muniti di missili guidati. 


LA STRATEGIA

Gli analisti militari concordano che, se Putin volesse, potrebbe distruggere il bunker di Kiev con Zelensky dentro. La sua idea sarebbe però un’altra. Per il professor Francesco Strazzari, della Scuola Sant’Anna di Pisa, lo Zar avrebbe preferito ottenere con la pressione militare su Kiev lo sfaldamento del governo ucraino e le dimissioni di Zelensky, o la sua destituzione a opera dei suoi stessi collaboratori. Oppure un’azione non del tutto riconducibile a Mosca, ma condotta da forze filo-russe non regolari. 


L’ASSASSINIO

L’ennesimo piano per assassinare Zelensky, sempre che sia vero, è stato rivelato ieri da Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio nazionale di Sicurezza e difesa ucraino, e risalirebbe a un mese prima dell’invasione. Il 3 febbraio, Putin avrebbe chiesto al leader ceceno Kadyrov di eliminare Zelensky attraverso i suoi combattenti paramilitari. Tre i gruppi che sarebbero stati incaricati dell’operazione. Uno, secondo l’Intelligence ucraina, sarebbe stato eliminato dai militari di Kiev. Gli altri due si sarebbero allontanati e si troverebbero a Donetsk e a Mariupol.  È anche interessante che le Intelligence occidentali, in particolare la CIA, abbiano discusso il tema della successione a Zelensky se catturato o ucciso, perché è importante che tutti gli eventuali successori siano pro-Occidente e possano quindi continuare a resistere all’invasione russa. È stato così individuato il presidente del Parlamento, Ruslan Stefanchuk, e al terzo posto nella successione il premier, Denys Smihal. Preoccupazioni che vengono da lontano, dallo shock per “l’esecuzione” di Dudaev.

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