La prova di forza dell’Isis-K, i Talebani: «Li prenderemo, con loro nessuna trattativa»

La prova di forza dell Isis-K, i Talebani: «Li prenderemo, con loro nessuna trattativa»
di Cristiana Mangani
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Venerdì 27 Agosto 2021, 01:02 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 09:18

Una prova di forza contro i Talebani «che hanno fatto accordi con gli americani», ma anche contro tutto l’Occidente. L’Isis-K, sigla dell’Islamic State nata nella provincia afghana del Khorasan, ha rivendicato l’attentato e, con questo, anche la volontà di sedersi al tavolo per la formazione del governo. Vogliono contare di più, avere un loro Stato: lo hanno fatto sfidando il nuovo regime. Ma l’odio verso l’Isis-K è vecchio di anni e ora l’Emirato islamico promette che «i nemici saranno fermati». «Stiamo prestando molta attenzione alla sicurezza e alla protezione della nostra gente», tiene a comunicare il portavoce Zabihullah Mujahis. E in un tweet che insiste nel voler rimarcare quanto i talebani di oggi siano diversi da quelli di venti anni fa, vengono condannati «fermamente gli attentati contro i civili», sottolineando poi che «sono avvenuti in una zona dove la sicurezza è nelle mani delle forze statunitensi».


IL RAPPORTO
Tra Emirato islamico e Isis-K è guerra continua.

L’Islamic state Khorasan Province (Iskp) ha continuato a lasciare il segno nel Paese con attentati e operazioni mirate (secondo un rapporto Onu solo negli ultimi anni sarebbero stati 77). L’intelligence europea e americana ritiene che il gruppo possa contare su 1500-2000 adepti, anche se mostra una leadership strutturata e capace di pianificare attacchi di elevato profilo. Gli attentati a Kabul di ieri avrebbero anche l’obiettivo di fare proselitismo, di aprire varchi tra gli studenti del Corano scontenti. Una campagna alla quale potrebbero unirsi anche fazioni minori.


I talebani avranno la forza per contrastare gli assalti dei reduci del Califfato? Gli esperti sono convinti di sì, anche se alla fine l’Emirato islamico sarà costretto ad accettare «interventi mirati degli Usa», per eliminare più rapidamente un nemico scomodo. Solo nel 2020, infatti, Isis-K ha organizzato l’assalto alla prigione di Jalalabad, servendosi delle capacità tecniche dell’Haqqani Network, HQN, i militanti islamisti della Loya Paktia (Grande Paktia). Leader del gruppo è Serajuddin Haqqani. La Rete Haqqani ha rapporti con al Qaeda e con lo Stato islamico. Ma mentre i primi sono da sempre vicini ai talebani, per l’antico rapporto tra il mullah Omar e Osama bin Laden, i terroristi di al Baghdadi sono acerrimi nemici.


Con la nomina del nuovo emiro, Shehab al-Muhajir, indicativamente a metà 2020, Isis-K sembra aver avviato una nuova fase mediatica attraverso un uso più consapevole e strategico del proprio apparato propagandistico, anche a fini di reclutamento di nuovi affiliati. Al-Muhajir è il primo capo non afghano o pakistano, sarebbe nato in Siria o in Iraq e avrebbe combattuto con al Qaeda proprio in Afghanistan. Con il suo arrivo le azioni sono diventate più eclatanti: scegliere di assaltare il palazzo del presidente afghano proprio in concomitanza con le festività islamiche dell’Eid al-Adha ha avuto l’obiettivo di amplificare l’effetto mediatico ed enfatizzare la propria operatività. Così come è avvenuto ieri con gli attentati a Kabul.


EX LEADER UCCISO
I talebani, dal canto loro, hanno iniziato a colpire l’Iskp, uccidendo Zia ul Haq alias Abu Umar al-Khurasani, ex leader, che era già stato arrestato nel 2020 dalle Forze di sicurezza Afghane. Secondo alcuni analisti, il gruppo terroristico che viene denominato anche SI-Khorasan non è altro che un’emanazione dei servizi segreti pakistani, d’accordo con quelli sauditi, per tenere un piede in Afghanistan e influenzarne le sorti. In queste ore l’intelligence di mezzo mondo sta dando la caccia a chi ha colpito vittime innocenti e bambini. L’ipotesi è che il kamikaze possa essere qualcuno di quei 5 mila detenuti che sono stati liberati dall’ex governo di Kabul, su richiesta dei talebani e anche di Donald Trump. Tanto che ieri negli Usa i media ricordavano quando un anno fa, l’ex presidente americano aveva accettato la liberazione in cambio di un cessate il fuoco da parte talebana. E questo - secondo le indiscrezioni - solo per un interesse personale: per aiutare la sua campagna presidenziale, nonostante le strenue obiezioni sia del Pentagono che del governo afghano. Lo stesso presidente Ashraf Ghani avrebbe avvertito che il loro rilascio sarebbe stato un «pericolo per il mondo».


LA MINACCIA
E oggi l’Isis-K rappresenta una grossa minaccia anche per l’Occidente. Innazitutto non credono in un’agenda politica: sono convinti che solo Dio possa governare. Ne consegue che la formazione di un Emirato Islamico non è sufficiente per i combattenti di Daesh, che vogliono portare avanti una guerra permanente in nome della sharia. Più di un analista aveva affermato che un ritorno dei talebani al potere avrebbe offerto ai terroristi una chance di rialzare la testa. Ieri Iskp ha voluto dimostrare proprio questo al mondo.
 

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