Soleimani, gli Usa riscoprono la paura. Allerta cyberguerra: a rischio le grandi aziende americane

Soleimani, allerta cyberguerra: a rischio le grandi aziende americane
Soleimani, allerta cyberguerra: a rischio le grandi aziende americane
di Flavio Pompetti
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Sabato 4 Gennaio 2020, 17:16 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 00:26

«Morte all’America!» Il familiare grido presente nelle piazze di Teheran da quarant’anni, è tornato a minacciare i sogni dell’amministrazione statunitense dopo l’uccisione del capo delle Forze speciali iraniane Qassem Soleimani. La figlia del generale dei Quds ha chiesto al presidente Rohani chi vendicherà suo padre, in un visita privata proposta al pubblico con grande enfasi dalla televisione iraniana, e il presidente ha risposto: «Lo faremo tutti» e «non solo oggi ma negli anni a venire». Gli Usa si interrogano ora sulla forma e le modalità che la rappresaglia avrà. La Casa Bianca ha avvertito ieri il congresso che gli iraniani colpiranno obiettivi di interesse nazionale, molto probabilmente in area mediorientale, nelle prossime settimane.

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I Quds hanno la forza operativa, l’organizzazione e le armi necessarie per colpire; ma la Guardia rivoluzionaria dispone anche di una squadra di hacker addestrati a manovrare nel web per causare il massimo danno ai nemici del paese. La forza di guerra cibernetica a disposizione del paese è meno raffinata e potente di quelle di cui dispongono Russia e Cina, ma nelle valutazioni del Pentagono vale almeno il terzo posto nella graduatoria della pericolosità tra i nemici degli Usa. Gli hackers iraniani non sono in grado di aggredire intere reti elettriche, o paralizzare il traffico nelle grandi città degli Stati Uniti, e per questo attaccano al loro posto i sistemi operativi delle grandi aziende. Negli ultimi mesi nei quali si accumulava la tensione tra i due paesi, hanno aperto una serie di «porte di emergenza» attraverso le quali uscire senza lasciare traccia dopo aver manipolato i dati, come hanno già fatto la scorsa estate ai danni di alcune grandi banche. I tecnici cibernetici di Teheran hanno messo a punto il malware Shamoon, capace di rubare i dati prima di cancellarli dalla memoria di un particolare sistema. Invisibile ed efficace, non lascia impronte incriminanti a fine azione.

 

 

La guerra cibernetica è un alternativa che può produrre gravi danni a chi la subisce, ma finora indolore dal punto di vista del sacrificio umano, e perfino efficace dal punto di vista di una de-escalation, una volta raggiunti gli obiettivi. Però, da sola, non basta a rispondere al grido della figlia di Soleimani: «Chi vendicherà mio padre?». L’agenzia iraniana Fars riporta le affermazioni dei vertici della Guardia rivoluzionaria, secondo i quali la risposta sarà vasta nella portata e duratura nel tempo. I colpi di mortaio che si sono abbattuti nella serata di ieri sulla base aerea di Balad e all’interno della zona verde di sicurezza di Baghdad (quella entro la quale si muovono i marines, e nella quale si trova l’ambasciata Usa) sono soltanto un primo assaggio che ha ferito alcuni ma non ha danneggiato alcun bersaglio sensibile. L’Iran sarà sicuramente tentato nei prossimi giorni di utilizzare ancora una volta l’Iraq come terreno della guerra per procura che sta combattendo contro gli Stati Uniti, e Baghdad resta un bersaglio privilegiato. Anche gli stati alleati come il Libano e la Siria saranno chiamati probabilmente a contribuire con attacchi contro Israele che mantengano alta la tensione nel Medio Oriente. 

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Il generale della Guardia rivoluzionaria Gholamali Abuhamzeh ha indicato Tel Aviv come teatro di futura sciagura, e ha aggiunto 35 punti strategici per il controllo statunitensi del Medio Oriente, tra i quali saranno scelti gli obiettivi da colpire. «Quando la nostra rappresaglia strategica sarà compiuta - ha promesso, forse con eccessiva fiducia - gli americani saranno costretti a lasciare l’intero territorio e tornarsene a casa».

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