La bomba Brexit sulle elezioni Ue: un governo Johnson non rassicura

La bomba Brexit sulle elezioni Ue: un governo Johnson non rassicura
di Antonio Pollio Salimbeni
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Giovedì 23 Maggio 2019, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 07:51

L'ordine di scuderia nei palazzi dell'Unione europea è tacere fino al responso del voto. Da lunedì tutto sarà più chiaro. O, meglio, ci saranno le condizioni per tentare di fare chiarezza. Le dimissioni di Theresa May non modificherebbero le cose per quanto riguarda la formazione del nuovo Parlamento Ue. Oggi i britannici votano per dare un nome e un cognome ai 73 seggi che aspettano gli eurodeputati d'Oltremanica. Dimissioni o meno a Downing Street, resta il fatto che il voto europeo ha un chiaro significato per i britannici: è un quasi referendum per misurare la consistenza dei Brexiteers in patria, che un secondo referendum sulla Brexit proprio non lo vogliono. Ed è un assaggio di quello che potrebbe essere il risultato di nuove elezioni legislative nel Regno Unito.

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LE POSIZIONI
Una buona parte degli eurodeputati britannici che saranno eletti, almeno 36 su 73 secondo gli ultimi sondaggi, sosterrà la Brexit e, infatti, si presentano sotto le insegne del Brexit Party, di cui è leader Nigel Farage, eurodeputato da ben quattro legislature. Gli ultimi sondaggi danno al Brexit Party il 38% dei voti, ai liberaldemocratici il 15%, ai laburisti il 17%, ai verdi il 7%, a Changing Uk (centrista pro Ue) il 3%, all'Ukip 3% (eurofobici). Il partito conservatore crollerebbe al 7%. Se le cose andranno così non cambierà sostanzialmente il peso degli schieramenti nel Parlamento. Secondo i sondaggi aggregati a livello europeo, il fronte pro-Ue risulta abbondantemente più forte del fronte sovranista/nazionalista.
Certo, Popolari e Socialisti perderanno la maggioranza dell'Assemblea europea (conteggiati insieme) e dovranno dire addio alla diarchia sulla guida del Parlamento durante la legislatura. Tuttavia del fronte pro-Ue fanno parte i Liberali più i macroniani (eletti in Francia), i Verdi e una parte della Sinistra unita, con posizioni più radicali del gruppo socialista. Si inaugurerà una nuova dialettica politica tra tutti questi gruppi, fondamentale per l'elezione del presidente della Commissione e il via libera in blocco all'intero esecutivo europeo.

In ogni caso questo è un discorso tutto teorico in relazione all'effetto del voto dei britannici: l'aspettativa su cui si lavora a Bruxelles, almeno fino a ieri, è che la Brexit ci sarà, con accordo o senza accordo al massimo entro il 31 ottobre, ultimo giorno della legislatura in scadenza. Quindi gli europarlamentari britannici decadranno. Ma sarà davvero questo lo scenario probabile? Ecco una domanda alla quale non c'è risposta. Se a Downing Street dovesse arrivare Boris Johnson ci sarebbe più chiarezza da parte britannica sulle scelte governative, tuttavia a Bruxelles si rileva come il rischio per la Ue di restare ancora a lungo ostaggio di Londra non sarebbe ridotto. Semmai il contrario. Nel momento in cui sarà evidente il contrasto pro-Ue e sovranisti/nazionalisti, un fronte Brexit nel pieno della turbolenza può essere aggravare possibili tensioni. E alimentare divisioni soprattutto al Consiglio, che sulla Brexit è riuscito finora a mantenersi unito.

LA FRONDA
Nessuno a Bruxelles ha commentato l'ultimo piano May. Si sa però che la fronda nella Ue a favore di un secondo referendum sulla Brexit è consistente. Il presidente della Ue Donald Tusk ne è uno dei padrini'. Berlino ha sempre difeso la linea della prudenza per evitare una Brexit senza accordo, pensando ai rischi strategici economici e politici - per l'Europa. In queste ore si accumulano interrogativi che corrispondono ad altrettanti scenari. Il primo è se a Londra qualcuno è in grado di portare a termine la Brexit o se invece, che a Downing Street ci sia May o un altro, il Regno Unito magari dopo le elezioni politiche - non sarà alla fine costretto a tornare indietro sull'addio alla Ue. Il secondo è se, rifiutando i duri e puri Brexiteers la prospettiva di una unione doganale temporanea, Londra punterà a prorogare la scadenza del recesso dalla Ue oltre il 31 ottobre. Il terzo è lo scenario che nella Ue più o meno tutti temono: la hard Brexit.
 

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