Coronavirus Cina, nelle carte la vera storia del medico eroe (morto) che per primo rivelò il virus

Li Wenliang.
Li Wenliang.
di Gianluca Perino
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Venerdì 20 Marzo 2020, 10:18 - Ultimo aggiornamento: 10:22

Finisce nel mirino il poliziotto cinese che ha redatto il documento contro Li Wenliang, l'oculista 34enne che per primo aveva lanciato l'allarme sulla comparsa nel Paese di una pericolosa serie di casi di polmonite. Il medico, diventato simbolo della lotta al coronavirus, è morto il 7 febbraio scorso a Wuhan dopo aver passato due settimane a combattere tra la vita e la morte in un reparto di terapia intensiva. Ora, dai documenti della commissione nazionale di vigilanza creata ad hoc, viene fuori tutta la storia degli ultimi mesi di vita dell'uomo.

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LA RICOSTRUZIONE: I PRIMI MESSAGGI SULLA CHAT
Secondo il rapporto, nel dicembre 2019 diversi ospedali di Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, hanno ricevuto un certo numero di pazienti con polmonite da causa sconosciuta. Il 30 dicembre, la Commissione sanitaria municipale di Wuhan ha diffuso documenti interni che disponevano interventi per il trattamento di pazienti affetti da polmonite da causa sconosciuta. Lo stesso giorno, subito dopo aver ricevuto le informazioni inoltrategli da un collega, Li ha postato in una delle sue chat di gruppo WeChat messaggi di testo, tra cui «sette casi di SARS sono stati confermati al mercato della frutta e dei frutti di mare di Huanan», inviando nel gruppo una foto e un videoclip. In seguito ha inviato altri messaggi alla chat di gruppo spiegando che «secondo le ultime informazioni, è confermata l'infezione da coronavirus. Il tipo di virus è in corso di determinazione». «Vi preghiamo di avvertire le vostre famiglie e di prendere precauzioni». A qiesto punto, esattamente come il virus, quei messaggi, insieme ad altre informazioni simili, hanno cominciando a girare sempre di più, raggiungendo migliaia di persone. Ed è qui che per Li sono cominciati i problemi.

LA CONVOCAZIONE DELLA POLIZIA
Il 3 gennaio 2020, continua il documento della commissione di inchiests, una stazione di polizia locale dell'Ufficio di Pubblica Sicurezza di Wuhan ha convocato Li per un colloquio «in linea con lo spirito degli accordi di Wuhan sulla prevenzione e il controllo dell'epidemia di polmonite da causa sconosciuta». Durante il colloquio, Li avrebbe affermato che era sbagliato inviare i messaggi relativi alla SARS in un gruppo di WeChat.  E a quel punto gli è stata inviata una lettera di rimprovero della polizia. Questo, almeno, secondo le ricostruzioni ufficiali. In quei giorni, infatti, si mobilitarono sul web moltissime persone, chiedendo la liberazione del medico-eroe. Quindi Li era stato arrestato? Su questo non ci sono notizie certe. Ma la relazione ufficiale del governo non parla di arresto.

LA MALATTIA E LA MORTE
Il 10 gennaio 2020, Li ha sviluppato la febbre. Il 12 gennaio è stato ricoverato in ospedale nel reparto di
oftalmologia dell'Ospedale Centrale di Wuhan prima di essere trasferito nella zona di degenza n. 3 del reparto di pneumologia e terapia intensiva dell'ospedale due giorni dopo. Li è stato trasferito il 23 gennaio nel reparto di terapia intensiva del reparto di pneumologia e terapia intensiva dell'ospedale ed è morto il 7 febbraio. I medici curanti di Li, stando sempre alla ricostruzione ufficiale, hanno dichiarato che il trattamento per lui era basato sulla procedura, è stato tempestivo e che i medici hanno fatto del loro meglio. Ma anche su questo, pur non bastati su prove certe, ci sono alcuni dubbi. E' certamente vero che il medico è stato trattato al meglio, il punto però è un altro: poteva essere curato prima? E' vero che è stato arrestato e che, quindi, c'è stato un ritardo nella somministrazione delle cure? Gli interrogativi restano, anche se soltanto sui social. Perché la versione ufficiale fornita dalla Commissione di inchiesta racconta una verità chiara.

L'Ufficio delle Risorse Umane e della Previdenza Sociale del Comune di Wuhan ha identificato Li come un caso di infortunio sul lavoro, per il quale sono stati pagati un sussidio per la morte a lavoro e un sussidio per il funerale in conformità alle norme. Anche la famiglia di Li ha ricevuto un pagamento in dono da un'assicurazione. Gli investigatori hanno suggerito alle autorità di vigilanza locali di esaminare la lettera di rimprovero a Li, ritenendola «inopportuna» e «non conforme alle procedure di applicazione della legge» e sollecitando la polizia a «revocarla», a mettere sotto accusa chi l'ha redatta.

 

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