Cessate il fuoco, si tratta: Putin vuole Yanukovich. Macron: «Guerra indegna»

Secondo giro di colloqui. Condanna dell’Onu, la Cina si astiene. Il discorso del presidente francese: «Continuerò a parlare con il Cremlino»

Cessate il fuoco, si tratta: Putin vuole Yanukovich. Macron: «Guerra indegna»
Cessate il fuoco, si tratta: Putin vuole Yanukovich. Macron: «Guerra indegna»
di Marco Ventura
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Giovedì 3 Marzo 2022, 01:18

 Le ombre del passato. I luoghi hanno un’anima e una storia. Specialmente in Europa. Il secondo round di colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina si terrà oggi nel folto della Belovezhskaya Pushcha, la più antica riserva naturale europea, che con la sua rigogliosa flora e fauna conserva tracce delle foreste primordiali estese una volta su tutto il continente.

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​Cessate il fuoco, si tratta

In particolare, ospita una colonia di bisonti europei.

Un luogo selvaggio, a tratti impenetrabile, che sembra uscito dal Medioevo, e nel quale i confini sono cancellati dalla natura, se è vero che i ciclisti polacchi e bielorussi sono liberi di attraversare senza visto la frontiera tra Polonia e Bielorussia. Il ministero degli Esteri di Minsk mostra sul suo sito, non senza una punta d’orgoglio, la sala nella “Casa del Cacciatore”, pronta per i delegati. Un tempo la foresta era riservata agli alti papaveri russi per le vacanze con le famiglie e gli amici. Ma soprattutto fu qui, a Belovezh, che l’8 dicembre 1991 il presidente russo Boris Yeltsin, quello ucraino Leonid Kravchuk e il presidente del Soviet supremo della Bielorussia, Stanislav Shushkevich, firmarono in una dacia appena fuori Brest, territorio bielorusso, l’Accordo di Minsk che sancì la dissoluzione dell’Impero Sovietico. Ed è qui che la storia ritorna, per riavvolgersi come in un film dell’orrore.

 

Storia ben nota al consigliere di Putin e capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, ministro della Cultura dal 2012 al 2020, oggi nella Commissione di Stato incaricata di interpretare e riscrivere il passato per allinearlo agli interessi di Madre Russia. Va da sé che, per lui, «lo Stato moderno che chiamiamo Ucraina è un fantasma storico modellato da determinate decisioni tattiche di determinati politici in circostanze determinate». In pratica, un accidente della storia. A Minsk, intanto, la Ukrainska Pravda segnala la presenza di Viktor Yanukovich, l’ex presidente ucraino filorusso deposto in una notte dalla rivolta di Piazza Maidan nel 2014. La «illegittimità» del presidente ucraino, Zelensky, risale, nella visione di Putin, a quel «colpo di mano» attribuito dal Cremlino ai servizi occidentali. Sconfitta mai metabolizzata.

Putin lo vuole di nuovo Presidente, vuole raddrizzare la storia. Anche per questo, sul tavolo dei negoziati ci sono le sue dimissioni, e il ritorno di Yanukovich. La delegazione russa è arrivata ieri nella regione bielorussa di Brest, mentre Medinsky ha riferito che quella ucraina sarebbe arrivata questa mattina. «Per quanto ne so, ha già lasciato Kiev ed è ora in viaggio, li aspettiamo». E ha confermato che sul tavolo del negoziato c’è pure «il cessate il fuoco». Ma a quali condizioni? La delegazione di Kiev del primo round era guidata dal ministro della Difesa, Reznikov. Quella russa era di livello inferiore, col numero 2 della Difesa russa. Nessuno in grado di prendere decisioni immediate.


L’IMPEGNO

Cinque ore la durata della prima tornata, con l’impegno a rivedersi e l’annuncio, ambiguo, di avere individuato i dossier su cui trattare. Nessun passo avanti. Del resto, gli ucraini hanno ottenuto di non presentarsi con un ultimatum russo pendente, ma non che le armi tacciano durante i colloqui. La pistola russa resta puntata alla nuca del «fratello» ucraino, mentre la Cina si è astenuta nel voto sulla risoluzione Onu che condanna l’invasione. E pesa oggi sull’incontro la denuncia di Zelensky, rilanciata in particolare dal premier britannico Boris Johnson, di «crimini di guerra». E la decisione dell’amministrazione Biden di creare un comitato di dieci procuratori per perseguire gli oligarchi «corrotti».

MACRON 


Macron ha parlato di «guerra indegna» e ha detto che resterà «in contatto» con il Cremlino. Putin però vuole il riconoscimento dell’annessione della Crimea e del Donbass (tutto, non solo la porzione controllata finora dai separatisti), ma anche città costiere strategiche come Mariupol, per dare continuità al territorio russo sul Mar d’Azov e per creare un corridoio fino in Trasnistria, enclave tra Moldavia e Romania sotto controllo russo. Vuole anche un governo, a Kiev, che si impegni a escludere «costituzionalmente» l’adesione presente o futura alla Nato. L’Ucraina, invece, vuole che le truppe russe fermino l’aggressione, si ritirino e rispettino l’indipendenza e sovranità del Paese. Gli ucraini si giocano la vita, ma anche Putin rischia. Militarmente e politicamente. Il fattore tempo avrà la sua importanza, di qui l’accelerazione della guerra. E dei negoziati.
 

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