Disfatta dell'Armenia nella guerra in Nagorno Karabakh, la resa firmata sotto l'egida della Russia

Disfatta dell'Armenia nella guerra in Nagorno Karabakh, la resa firmata sotto l'egida della Russia
di Franca Giansoldati
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Martedì 10 Novembre 2020, 12:25

L'abbattimento di un elicottero russo sul suolo armeno da parte dell'artiglieria azera, avvenuto ieri, ha di fatto accelerato le pressioni della Russia su Armenia e Azerbaigian (con il benestare della Turchia) per fare firmare una resa a Yerevan. La guerra scoppiata il 27 settembre nel Caucaso per il controllo della zona contesa tra azeri e armeni - costata la vita a oltre 5 mila persone - si è conclusa con una «dolorosa decisione» come la ha definita il premier armeno Nikol Pashinian. Pashinian ieri ha accettato il piano d'intesa con il presidente dell'Azerbaigian, Ilham Aliyev e il presidente russo Vladimir Putin. La dichiarazione sancisce il cessate-il-fuoco totale e la fine delle ostilità nell'area. Tutto ora sarà da monitorare. 

Ecco i punti principali della dichiarazione.

Il primo punto stabilisce una tregua totale e una cessazione delle ostilità dalla mezzanotte ora di Mosca del 10 novembre 2020. Al secondo punto si chiarisce che «il distretto di Aghdam viene restituito all'Azerbaigian prima del 20 novembre». Lungo la linea di contatto in Nagorno-Karabakh e nel corridoio di Lachin, viene dispiegato un contingente di pace russo per un totale di 1.960 militari con armi di piccolo calibro, 90 veicoli corazzati, 380 unità automobili e equipaggiamento speciale. Questo contingente viene dispiegato in parallelo al ritiro delle forze armate armene e durerà per cinque anni. 

Nei punti seguenti si stabilisce che l'Armenia restituirà il distretto di Kalbajar a Baku prima del 15 novembre e il distretto di Lachin entro l'1 dicembre. Il corridoio di Lachin, lungo cinque chilometri  - «garantirà il collegamento del Nagorno Karabakh con l'Armenia» ma non riguarderà la città di Shushi, che resta sotto il controllo del contingente di pace. Ieri la città di Shushi dopo giorni di combattimenti e di informazioni incontrollate era passata nelle mani dell'esercito azero, meglio equipaggiato e appoggiato dalla Turchia. Shushi (o Shusha in azero) era una città simbolica per la storia: all'inizio del secolo scorso è stata teatro di episodi raccapriccianti durante il genocidio armeno, la cattedrale è stata abbattuta e ricostruita. Era stata bombardata due volte in queste settimane dagli azeri. Il poeta Mandelstam la aveva immortalata in diversi suoi scritti.

Nei prossimi tre anni, inoltre, dovrebbe essere realizzato un piano per la costruzione di una nuova strada lungo il corridoio di Lachin per garantire la comunicazione tra l'enclave e l'Armenia. L'Azerbaigian ha promesso di garantire «la sicurezza di movimento di cittadini, mezzi e beni in entrambe le direzioni nel corridoio di Lachin».

Nel frattempo I rifugiati interni dovrebbero fare ritorno nel territorio del Nagorno Karabakh e nei distretti adiacenti sotto il controllo dell'Ufficio dell'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.

L'Armenia da parte sua garantisce la sicurezza dei collegamenti tra le regioni occidentali dell'Azerbaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan. In questi 47 giorni di guerra il 90 per cento della popolazione del Nagorno (su un totale di 150 mila persone) era fuggita rifugiandosi in Armenia per paura di ritorsioni e violenze da parte delle truppe azere, nel caso arrivassero a conquistare la capitale Stepanakert.

Il timore della popolazione era che si scatenasse una carneficina, considerando anche che tra le truppe inviate al fronte dagli azeri vi erano migliaia di jihadisti, fatti arrivare dalla Turchia, secondo quanto hanno affermato i più grandi media internazionali, da Reuters alla Bbc, da Le Monde alla Associated Press. Circostanze che però gli azeri hanno sempre smentito liquidandole come fake news, così come l'aver usato armi al fosforo o cluster bomb – bombe a grappolo – vietate dalle convenzioni internazionali. Aliev in una intervista fatta alla Bbc ieri ha di nuovo messo in evidenza che si trattava della solita propaganda occidentale. «Le solite fake news», negando validità ai rapporti di Human Right Watch. 

L'accordo per il cessate il fuoco è stato festeggiato a Baku ma, nello stesso tempo, è stato all'origine di disordini a Yerevan dove la popolazione armena si è sollevata contro il premier in carica Pashinian. «Ho dovuto prendere questa decisione terribile per me e per tutti noi». Nel frattempo la Russia sta già inviando truppe nelle zone cuscinetto e lungo i corridoi per garantire le condizioni raggiunte dall'accordo. 

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