Fare teatro, un'impresa per sette giovani attrici della compagnia “Lo Stormo” in scena con un'opera al femminile

All’Accademia Stap Brancaccio di Roma, oltre a recitare, le attrici hanno imparato tutti i “mestieri” dello spettacolo

Fare teatro, un'impresa per sette giovani attrici della compagnia “Lo Stormo” in scena con un'opera al femminile
di Katia Ippaso della compagna
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Mercoledì 22 Marzo 2023, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 07:42

«Abbiamo deciso di darci questo nome perché lo stormo non segue una guida né un capo. Al contrario, protegge ogni membro e non lascia nessuno indietro», dice Michela Nicolai, 26 anni.

Per narrare della compagnia “Lo Stormo”, bisogna a nostra volta assecondare la trama polifonica. Perché questo felice esperimento nasce non solo da una esperienza formativa (all’interno dell’Accademia Stap Brancaccio diretta da Lorenzo Gioielli) e in particolare da un esercizio di drammaturgia condotta in classe dall’autore-regista Giampiero Rappa, ma è soprattutto il risultato della visione prospettica di sette giovane attrici che, una volta finito il percorso scolastico, sono arrivate a comprendere la ferrea legge del teatro: invece di attendere i provini, bisogna recitare, dirigere, scegliere le musiche, caricarsi le scene, e, naturalmente, scrivere. «Se tutto questo si fa insieme, allora niente può fermarci. Mai mollare».

LA PARTITURA

Fino al 26 marzo allo Spazio Diamante di Roma, Matrioska, opera scritta e interpretata dalle sette attrici e dai cinque attori che compongono “Lo Stormo”, affida alla regia vorticosa, quasi cinematografica, di Giampiero Rappa, l’esecuzione di una partitura corale che crea un cortocircuito tra le eroine della tragedia greca e le cronache contemporanee. Bambine abusate, schiave sessuali, donne uccise per mano dell’uomo: le figure femminili di Matrioska fanno da specchio a un universo maschile sicuramente violento ma anche umiliato e offeso. «Ho voluto produrre questo spettacolo perché non è consolatorio», dichiara Alessandro Longobardi, che dirige i teatri Brancaccio e Sala Umberto, oltre che lo Spazio Diamante. «Nella sua crudezza, è in grado di avvolgere lo spettatore».

Innestato nel solco del progetto “Classici del secolo futuro”, Matrioska accoglie, come fosse una fuga musicale, i tracciati invisibili che hanno portato tante donne a fuggire dai loro Paesi d’origine: ucraine, domenicane, lituane si trovano coinvolte in vicende dolorose che si allacciano alle storie di Ecuba, Elettra, Ifigenia. «Abbiamo studiato molto per trovare il linguaggio adeguato a ogni personaggio» continua Michela, che abbiamo incontrato assieme a due sue colleghe, Giacinta Pittaluga e Fabiana Pesce. Mentre le attrici si raccontano, viene in mente il finale de “I vitelloni” di Fellini: quando, alla stazione di Rimini, il giovane Moraldo prende il treno per Roma. Invertiamo il nastro del tempo e immaginiamo le ragazze all’inizio del viaggio che le condurrà nella Capitale. «La mia storia comincia a Sassello, un paesello in provincia di Savona che è grande quanto un supermercato di Roma» dichiara Fabiana, anche lei 26nne. «Ho studiato Beni Culturali a Torino. Dopo di che, vincendo su me stessa, ho capito che dovevo provare a dare forma a un sogno di cui avevo paura». Giacinta, 24 anni, arriva invece dalla Sardegna. «Quando ho visto per la prima volta il cimitero del Verano, ho pensato che Calasetta, la mia cittadina, è molto più piccola». «Se guardo alla donna che ero allora, quando vivevo ad Avezzano, sono felice di non aver ceduto un centimetro al terreno del nemico, che fosse esterno o interno» continua Michela, parlando anche a nome di Camilla Paoletti, Flavia Prugnola, Diletta Ronga, Marta Savoia, le altre giovani attrici che, assieme a Saverio Barbiero, Claudio Cammisa, Raffaele Elmetto, Matteo Esposito e Alberto Gandolfo, hanno fondato la compagnia. Tutto questo non è che il primo movimento di un volo che “Lo Stormo” ha appena iniziato. «Le donne hanno più coraggio degli uomini», conclude Michela. «Siamo state noi a dire ai nostri compagni: la vogliamo far nascere questa creatura? E non ci fermeremo certo qui». 

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