Rita Levi Montalcini, Nilde Iotti, Franca Viola, Oriana Fallaci, Maria Montessori, Rosa Genoni, Luisa Spagnoli e Cristina di Belgioioso, Lina Wertmüller. E poi le prime donne laureate in Europa, tutte italiane: quelle che hanno rotto i tabù e nuotato controcorrente. E poi quante sono andate dietro la scia, che hanno consolidato il cambiamento o l’hanno creato dedicandosi alle altre. Donne che hanno contribuito a fare la storia ma che nella narrazione di quella storia non ci sono. Donne il cui talento è rimasto invisibile, le italiane che mancano nei libri di testo. Almeno cento, da inserire perché la storia sia più completa e diventi un altro modo per indicare modelli alle ragazze (e anche ai ragazzi), un’altra voce che dice «Ce la possiamo fare». Con un obiettivo ancora più alto: non solo inserire nomi, ma cambiare proprio la narrazione. Ad avere l’idea, Fabiana Giacomotti, docente di Cultural Studies alla Sapienza e autrice che l’ha realizzata proprio in questi giorni, attraverso il Women 20, creando la Commissione “Cultural change” che si occupa di stilare l’elenco di queste cento donne, composta in parte di accademici in parte di persone del mondo della cultura e dell’informazione. «Di donne nella storia si parla solo all’università e non tutti la frequentano. E poi è già troppo tardi. I modelli culturali ormai sono definiti. I libri delle elementari, delle medie e delle medie superiori, invece, sono ostaggio degli stereotipi degli anni passati e di una lettura delle storia scritta dal punto di vista degli uomini».
E chi sono le donne che la Commissione ha già deciso di far tornare visibili? Elena Lucrezia Corner Piscopia, veneziana, è stata la prima laureata in Europa, nel 1678. «Una volta fui invitata in un grande college americano e c’era una vetrata dedicata a lei.