L'imprenditrice della seta Miriam Pugliese: «Sono tornata nel mio paese in Calabria per creare tessuti. Ora collaboro con Gucci per una produzione made in Italy»

Foto Beniamino Pisati
Foto Beniamino Pisati
di Valentina Venturi
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Mercoledì 21 Dicembre 2022, 12:49 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 07:41

La via della seta porta Miriam in Calabria, da dove era partita.

A San Floro, il suo paese, 600 anime appena, che aveva lasciato anni fa, per trasferirsi in Lombardia, girare l’Europa, fermarsi a Berlino. Troppo lontano, la sua terra non era quella. Così Miriam ha deciso di tornare, rinunciando a un lavoro ben pagato, e ha trovato la sua strada: coltivare bachi da seta. Insieme a due amici, ha riportato nel piccolo borgo a 270 metri di altezza, in provincia di Catanzaro, la tradizione e anche il futuro. La giovane imprenditrice Miriam Pugliese, 32 anni, ha fondato con Giovanna Bagnato e Domenico Vivino la cooperativa agricola “Nido della Seta”. Il nome si ispira all’oasi verde che la circonda, una pineta a forma di nido che custodisce i gelsi, essenza della produzione serica. «Può sembrare strano vedere giovani che hanno vissuto e lavorato fuori, o hanno conseguito la laurea all’estero, tornare in un piccolo paese. Ma con il nostro lavoro stiamo evitando che una tradizione che è stata orgoglio per il nostro territorio svanisca nel nulla. Stiamo creando economia partendo dal nostro passato. Oggi vengono da tutto il mondo per conoscere la realtà della seta».

IL DIALOGO

San Floro, dove è stata ricreata la filiera della gelsibachicoltura, un tempo - dal 1.300 al 1.700 - era una capitale della seta. Con l’industrializzazione la tradizione è quasi del tutto scomparsa. È stato naturale per Miriam e i suoi soci ripartire da lì, anche se nel paese inizialmente li prendevano per matti. Nessuno dei tre aveva esperienza di bachicultura. «Abbiamo cercato gli anziani del posto per scoprire tutti i segreti che stavano dentro la filiera serica. Ma non bastava. Così abbiamo iniziato a viaggiare per il mondo». Il “Nido di Seta” è cresciuto attraverso il dialogo con le generazioni più anziane, e attraverso viaggi e scambi con istituti serici sparsi per il mondo, dalla Thailandia all’India, dalla Svizzera alla Francia. Fino ad arrivare alla realizzazione del copri inginocchiatoio per Papa Francesco nella sala clementina del Vaticano e alla collaborazione con Gucci. «Siamo partiti da un pezzo di terra che versava in stato di abbandono», racconta l’imprenditrice. «Il nostro obiettivo è stato quello di recuperare un antico gelseto di circa 3000 piante, e mettere in campo una sfida, una storia di riscatto.

Ripartire dalla terra, lasciarsi ispirare dal passato, per creare il nostro futuro e quello delle prossime generazioni, in un territorio spesso svantaggiato». Una storia di successo, infine. «Utilizzando i principi di agricoltura rigenerativa e ottenendo la certificazione bio – prosegue Miriam – oggi produciamo tessuti unici, che rispecchiano la tradizione tessile locale. E puntiamo più in alto: insieme a partner strategici come Gucci, vogliamo rilanciare una produzione nazionale serica di qualità tramite una filiera al 100% made in Italy».

IL PARTNER

La sfida coraggiosa e virtuosa del “Nido di Seta” è infatti stata scelta e supportata dalla maison fiorentina, impegnata dal 2020 nell’investimento in programmi di agricoltura rigenerativa e di gelsibachicoltura. «Un sostegno che ci permette di portare avanti un modello sostenibile in termini ambientali, sociali ed economici, in grado di produrre una seta di qualità elevata, ed estendibile nel nostro Paese», aggiunge Miriam. Difficile per una donna fare impresa, soprattutto al Sud? «Credo sia necessario investire ancor di più in politiche sociali che sostengano le donne in questo percorso. Ai giovani che hanno desiderio di seguire questa strada mi sento di dare tre consigli. Sicuramente, ascoltare la propria vocazione e dimostrare a chi non crede nel vostro progetto che invece è possibile. Perché siamo tutti diversi e abbiamo approcci e volontà di raggiungere obiettivi differenti. In secondo luogo, investire nella formazione e soprattutto nutrire la propria passione. Un progetto imprenditoriale che viene portato avanti con grande passione e spirito di sacrificio è un progetto imprenditoriale destinato ad avere successo». Come la sfida di Miriam. «Spesso a guidare il cambiamento sono donne valorose – sottolinea Antonella Centra, Executive Vice President General Counsel, Corporate Affairs & Sustainability di Gucci – che si fanno promotrici di una nuova visione di impresa che si fonda sul rispetto dell’ambiente e delle persone. L’unicità di queste realtà, che donne come Miriam rappresentano, deve essere valorizzata». 

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