Ragazze avanti, è il momento di fare impresa: la Next Generation tra crisi e nuove opportunità

Ragazze avanti, è il momento di fare impresa: la Next Generation tra crisi e nuove opportunità
di Maria Lombardi
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 27 Ottobre 2021, 12:52 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 01:13

Come ci sentiamo? Più green che pink, più determinate che arrabbiate, precarie e instabili, ma ce ne siamo fatte una ragione, piene di dubbi e di boh!, fluide e senza confini, libere di amare chi ci pare. Siamo le “prossime”, post, oltre tante cose, tra “Y” e “Z”, un po’ Millennial e un po’ Generazione Zeta, social e digital, in pace con il corpo - almeno ci proviamo, belle anche così - un po’ meno con il cibo, con l’ansia di chi sta sempre in bilico. Ma provate voi a tenere il passo e la calma mentre tutto corre a una velocità folle. E scusate tanto, se dobbiamo inseguire gli algoritmi, l’abbiamo capito che il futuro è lì, ma la paura di sbagliare continua a inseguire noi: ci hanno insegnato le virtù della perfezione non ancora quelle dei fallimenti. E perdonateci (si fa per dire, il perdono toccherebbe a noi), se vogliamo sentirci leader, e sarebbe pure il nostro momento, ma in troppe siamo figlie di quelle che hanno sofferto la “sindrome dell’impostore” (sarò all’altezza?). Dite che è il nostro momento? Che stavolta le rivoluzioni - eh, sì, sono più di una - toccano a noi? Ok, un bel respiro. Siamo pronte, anche ad alzare la voce. Eccoci.

LA CRISI

Venti/trentenni alla prova del nuovo mondo. Le “sconfitte” vincenti. Le ottimiste perplesse. Quelle che “speriamo vada meglio”. Intanto stanno pagando più di tutti il prezzo della pandemia, su 4 posti di lavoro perduti in questi nerissimi mesi, tre erano di donne. «Le giovani italiane sono ultime in Europa nella fascia tra i 25 e 34 anni per tasso di occupazione, peggio delle greche», Linda Laura Sabbadini, chair del Women’s 20, direttrice centrale dell’Istat, fotografa la situazione: al momento, un disastro. «Nonostante studino più degli uomini e si laureino prima e più numerose, sono lontanissime dall’Europa: 15 punti sotto la percentuale europea di laureate. E adesso anche vittime di uno stereotipo: il titolo di studio non serve più, purtroppo si crede sempre meno nelle competenze». E non sarà un caso se in Italia più di una giovane su tre (tra i 20 e i 34 anni) non studia e non lavora, molto più dei coetanei, al 24%. «Peccato, perché il lavoro sta cambiando, c’è spazio per inventarsi, si aprono grandi occasioni. Ma per coglierle servono competenze e purtroppo ne abbiamo ancora poche. Le giovani devono fare un salto. Studiare di più e non fermarsi mai». Solo così potranno sperare di trovarsi al centro della ripresa e approfittare delle prospettive aperte dal Pnrr. Tutte le missioni del Piano, «incoraggiano e sostengono la partecipazione femminile al mercato del lavoro», le parole del ministro dell’Economia Daniele Franco, qualche giorno fa, al Women’s Forum G20 di Milano. Come? Con gli investimenti negli asili nido, nei settori economici dove le donne sono più presenti e con una maggiore attenzione alle competenze digitali. «Per le giovani donne è il tempo di fare impresa», le incoraggia Azzurra Rinaldi, economista dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, tra le ideatrici del movimento “Il Giusto Mezzo”. «Ragazze, muovetevi adesso, mettetevi in gioco, il Paese sta andando in una direzione che può aiutarvi.

Partiamo da qualche dato positivo: se le giovani lavoratrici nella crisi sono state le più vulnerabili, le imprenditrici hanno tenuto. La contrazioni delle aziende femminili è stata solo dello 0,29 per cento». Gli aiuti. «Ci sono subito i 40 milioni del Fondo per l’imprenditoria femminile, pochi ma ci sono. E a questi si aggiungeranno i 400 milioni previsti dal Pnrr per le aziende guidate da donne». Fare impresa vuol dire anche dettare nuove regole. «Con il Covid abbiamo capito che il modello di produzione basato sulla crescita continua e lineare non è sostenibile. C’è bisogno di sviluppo circolare, legato alla cura e alla responsabilità, tradizionalmente femminile. Alle giovani dico: create un microcosmo in cui le regole le fate voi, in cui non vince solo chi è più aggressivo e spavaldo ma chi è più talentuoso e ha una visione».

VEDO ROSA

Nonostante i numeri siano questi, la Next Generation vede positivo. «C’è molta voglia di fare, di innovare e di creare, di impegnarsi per migliorare il mondo», Alberta Pelino, 31 anni, è presidente di Young Ambassadors Society, associazione da lei fondata quando era diciannovenne, e che quest’anno ha presieduto lo Youth 20. «La Yas ha condotto un’indagine coinvolgendo circa 10mila under 35: il 76% si è detto ottimista, almeno per quel che riguarda la propria situazione personale. Ambiente e cambiamento climatico sono le loro priorità. E tra le questioni che considerano più urgenti, ci sono il futuro del lavoro, la necessità di una scuola che sia in grado di fornire competenze digitali, finanziarie e imprenditoriali, la salute mentale, l’accesso alle tecnologie. Ora le giovani donne vogliono essere messe al centro e pretendono che si presti attenzione al gender pay gap».

DIGITALE

Già, la scommessa digitale. In Italia solo il 17% di donne nel cloud computing e il 19% nell’ingegneria. Non a caso, la prima tra le raccomandazioni rivolte al G20 dal Women’s Forum è di investire di più nella formazione Stem: il 3% del 15% dell’imposta globale delle imprese, 4,5 miliardi di dollari all’anno per almeno un decennio. «Dietro gli algoritmi ci sono solo il 20% delle donne. Quel 20% rappresenta anche un problema di sicurezza e perdita di competitività e crescita per il Paese», Chiara Corazza è rappresentante speciale per il G20 del Women's Forum for the Economy&Society«Le persone hanno capito : l’87% di chi vive nei Paesi G20 ritiene che migliorare misure di accesso delle donne alle Stem avrà benefici in termini di sviluppo della società. Tutte, dalle ragazze in procinto di decidere la loro carriera, alle giovani laureate pronte ad entrare nel mercato del lavoro, alle donne che hanno perso lavoro o vogliono ricominciare, devono poter dare dare il loro contributo alla ripartenza. Il mondo ha bisogno delle donne per preparare i mestieri del futuro».

STANNO BENE

C’è tanto da recuperare. Ma tutto sommato “Le ragazze stanno bene”, per dirla con il titolo del libro di Giulia Cuter e Giulia Perona (edito da HarperCollins 2020), autrici del podcast “Senza Rossetto”. Ottimiste anche loro. «Ci sono ancora sfide da affrontare, ma la parità è raggiungibile», spiegano. Le ragazze lo sanno, «e alla fine stanno bene: molto sveglie, con una grande voglia di fare, di avvicinarsi alla politica e all’attivismo, di esporsi, di imparare. Non hanno paura di alzare la voce e di essere considerate isteriche, non si preoccupano di mostrarsi educate e accomodanti. Sono più preparate delle generazioni precedenti. E anche più libere: amare chi vogliono, per loro sarà semplice e naturale. Considerano il femminismo solo se si unisce alle battaglie di altre minoranze discriminate o marginalizzate, dalle comunità Lgbt alle persone disabili. Per loro non è più una questione di donne e basta». E adesso? Adesso, fate voi. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA