Pantaloni in passerella in Sudan, senza più la paura di essere fustigate. Per la prima volta hanno sfilato insieme donne e uomini. Così la moda diventa ambasciatrice di libertà, democrazia e uguaglianza tra i sessi. È una piccola, grande rivoluzione quella che si è svolta nelle scorse settimane a Khartoum: la capitale del Sudan è stata teatro della prima sfilata mista nella storia recente del Paese africano, sicuramente la prima dalla fine del regime trentennale del presidente Omar Bashir. Donne e uomini insieme sul palco e tra il pubblico, impensabile fino a poco tempo fa: un evento ripreso da tutti i grandi media internazionali e celebrato come un momento di svolta, basti pensare che nel 2010 i protagonisti di una sfilata mista vennero poi arrestati. Sia gli stilisti sia i modelli erano ben consapevoli della ritrovata libertà. «In passato era veramente difficile organizzare uno show del genere - ha commentato il designer Khaled Onsa - Prima dovevamo contrastare la repressione, ora abbiamo un sistema che garantisce la libertà di espressione». Il riferimento di Onsa è al nuovo corso intrapreso dal Sudan dopo la deposizione, nell’aprile 2019, del presidente-padrone Omar Bashir. Il dittatore, salito al potere nel 1989, impose un rigidissimo sistema giuridico basato sull’interpretazione ultra-conservatrice della sharia, la legge coranica. Un caso che indignò il mondo, nel 2009, fu quello della giornalista Lubna Ahmed Al Hussein, condannata a 40 frustate per aver indossato in pubblico i pantaloni. La mobilitazione internazionale portò all’attenzione del grande pubblico la repressione in cui era costretta a vivere la popolazione sudanese. Un regime di terrore, quello imposto da Omar Bashir, accusato dal Tribunale Penale Internazionale de L’Aja di crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio per le violenze nella regione del Darfur.
LA REPRESSIONE
«Vogliamo far conoscere il nostro mondo - ha spiegato la modella Barza Mostafa - Prima le persone non capivano cosa fosse il mondo della moda, mentre adesso lo guardano con interesse». Donne e uomini insieme anche tra il pubblico. Tra gli spettatori, c’era Sawsan Hassan che ricorda la sfilata del 2010, seguita dalla retata della polizia, con organizzatori e modelli finiti in carcere. «In diversi furono fustigati», confida Hassan. Ora, invece, un evento del genere non è più un tabù: Mahid Muhammad era accompagnato dalle sue tre sorelle, entusiaste davanti agli abiti. È il nuovo corso del Sudan, che con la moda conferma la sua voglia di libertà. Sempre nel novembre 2019 è stata abolita la legge che imponeva tutta una serie di divieti alle donne, compreso quello di indossare i pantaloni in pubblico, mentre dello scorso maggio è la norma che pone fine alle mutilazioni genitali femminili. E proprio la popolazione femminile è protagonista di questa pacifica rivoluzione, con Amsa Abdalla e Nemat Abdullah Khair, rispettivamente prima donna ministro degli Esteri e prima donna a capo della Corte Suprema. La strada è ancora lunga, ma «questo è il Sudan nel pieno della sua libertà», commentava Muhammad con le sorelle, mentre con il suo cellulare filmava la sfilata.
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