L'Italia in cucina. Lecce, la ricetta di Antonio Caprarica: «Polpette al sugo ed era subito casa»

L'Italia in cucina. Lecce, la ricetta di Antonio Caprarica: «Polpette al sugo ed era subito casa»
di Leda Cesari
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Mercoledì 23 Febbraio 2022, 12:43 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:09

Guardare il Big Ben e le cupole del Cremlino e agognare orecchiette e polpette al sugo con cacio ricotta, con tutto il corollario del caso.

Succedeva spesso ad Antonio Caprarica, quando era in Unione Sovietica a intervistare Gorbaciov o a descrivere gli Scud lanciati su Israele nella prima guerra del Golfo, di desiderare quel piatto fin troppo salentino, indissolubilmente collegato a un’età “verde” in cui la nonna faceva la pasta a mano ed era obbligatorio intingere furtivamente il pane nella salsa in ebollizione. «La mia dieta preferita ogni volta che tornavo a Lecce - racconta lo scrittore, corrispondente di punta della Rai fino al 2013 - anche se in realtà si tratta di due piatti, non di uno.

La mia infanzia è appunto questo: la pasta fresca lavorata dalla nonna ed io che cercavo di mangiarla appena fatta, cruda, venendo cacciato immancabilmente». Sapore impossibile da riprovare in quel di Londra, «almeno finché nel 2000 non aprirono un paio di ristoranti pugliesi, ma penso si trattasse di pasta secca. Era invece facile trovare tortellini e ravioli a causa di intraprendenti signore emiliane che avevano aperto un’attività commerciale: vera ingiustizia». Per questo, ogni volta che tornava nel Salento, Antonio Caprarica non mancava l’appuntamento con quel doppio piatto gravido di atmosfere casalinghe. E lo fa ancor oggi, soprattutto durante le vacanze estive a Santa Maria di Leuca: «Certo, avendo ormai compiuto settant’anni devo stare attento e cercare di evitare che le polpette siano fritte prima di essere buttate nel sugo. Lei capirà, non hanno lo stesso gusto, ma nella vita bisogna imparare ad accontentarsi. E comunque questo piatto mi fa riandare ogni volta a quei momenti e a quelle persone amate che non ci sono più, a rivivere l’atteggiamento protettivo di mia madre e mia nonna che, essendo io il primo maschio della famiglia dopo molte generazioni, mi trattavano come un sultano».

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