L'astrofisica Anna Gregorio: «Nanosatelliti per connettere il mondo»

L'astrofisica Anna Gregorio: «Nanosatelliti per connettere il mondo»
di Valeria Arnaldi
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Mercoledì 28 Settembre 2022, 14:56 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 11:10

Imprenditoria e innovazione.

Di più, “visione”. Scienziata e professoressa di astrofisica e astronomia all’Università di Trieste, Anna Gregorio ha deciso di passare dalla “teoria” alla pratica, e, nel 2014, ha fondato Picosats. Nata come spin-off universitario, l’impresa si è specializzata nello sviluppo di sistemi innovativi dedicati alla prossima generazione di nanosatelliti. Un’intuizione della fondatrice, appunto, che proprio per la capacità di guardare oltre, progettare, ripensare il futuro, è tra le sette finaliste della quattordicesima edizione del Premio GammaDonna dell’imprenditoria femminile innovativa, la cui cerimonia, di nuovo dal vivo si tiene il 30 settembre sul palco dell’Italian Tech Week a Torino e sarà  trasmesso online sulla pagina LinkedIn GammaDonna.

Come è nata Picosats?

«Come docente, lavoro da oltre vent’anni nel campo satellitare. Una decina di anni fa, ho lavorato su una missione dell’Agenzia Spaziale Internazionale ed è stato molto stimolante, ma a quel punto ho capito di aver raggiunto il massimo nella mia carriera dal punto di vista scientifico. Volevo provare qualcosa di nuovo. Ho sempre amato lavorare con i giovani e così ho creato un’azienda come spin-off dell’ateneo».

Ha avuto difficoltà, in quanto donna nel mondo dell’imprenditoria?

«Nel 2014, anno della nostra fondazione, le aziende in questo settore nascevano soprattutto grazie alle agenzie spaziali, che facevano contratti di ricerca e sviluppo. Conoscevano il mio lavoro e avevano avuto modo di apprezzare le mie qualità femminili, dunque, essere donna non ha cambiato granché le cose. Le aziende in questo ambito, però, non possono non avvalersi anche di fondi privati, perché lavorare nel settore Spazio è molto costoso, Non bastano le risorse dello Stato. Così mi sono messa in cerca di finanziatori: è stato difficile, ma devo ammettere che non so se lo sarebbe stato meno se fossi stata un uomo».

A quali caratteristiche femminili fa riferimento?

«Il forte senso del dovere e del lavoro, ero sempre l’ultima ad andare via, l’affidabilità e l’attenzione al team.

Quando si lavora in gruppo, è importante anche saper ridere insieme, forma lo spirito del team. Gli uomini sono meno interessati, in generale, a questo aspetto, che invece è importante».

Ha sviluppato Radiosat, ricetrasmettore miniaturizzato per piccoli satelliti: in cosa consiste? «La comunicazione passa tramite onde elettromagnetiche, più alta è la frequenza, più informazioni possono essere passate. Lavorare ad alte frequenze, però, è difficile e la strumentazione è costosa. È una sfida tecnologica ed economica. Pensavamo di impiegare due anni e mezzo, invece ce ne sono voluti quasi quattro. Voglio lavorare con i giovani, li seleziono appena si laureano, e questo, ovviamente, in termini di esperienza, comporta uno scotto personale da pagare ma non mi interessa, desidero farli crescere».

Quante persone sono nel team?

«Una ventina, tra dipendenti, laureandi, tirocinanti e consulenti. A tempo indeterminato, siamo cinque».

E quante donne?

«Trovare personale in questo ambiente è molto difficile. Gli atenei italiani ed europei producono pochissimi ingegneri nel campo dell’elettronica e delle telecomunicazioni. La selezione è quasi naturale. Insomma, è difficile trovare personale, figuriamoci personale femminile».

Ci sono poche donne in questo ambito?

«Sì, ma il problema non è solo italiano, è europeo, mondiale direi. La questione è culturale e di educazione. Ho fatto moltissima divulgazione, andando a parlare nelle scuole, e mi sono capitate studentesse entusiaste che poi, però, si sono tirate indietro, dicendo che, essendo ragazze, non pensavano di essere in grado di iscriversi a Fisica. E io dicevo loro: “Ma se ti piace, sei in grado”. Questa sensazione di limite è radicata in tante donne».

Quando nasce questa “percezione” del limite?

«Fino alle scuole elementari, bambine e bambini hanno gli stessi interessi. Al liceo, poi, questo divario si manifesta, per qualche motivo le ragazze iniziano a pensare di essere meno portate per le materie Stem. Certo, qualcosa è migliorato. Ai miei tempi, per iscriversi a Fisica serviva coraggio, adesso è più normale».

Torniamo alla ricerca. Quali sono i vantaggi dei nanosatelliti?

«In linea di principio ci si può fare tutto quello che si fa con i satelliti normali. Una combinazione di nanosatelliti può essere l’elemento chiave della connettività globale. Circa tre miliardi di persone non hanno la banda larga. Costruire un’infrastruttura terrestre costerebbe molto di più di una realizzata con piccoli satelliti che, peraltro, consentirebbe di connettere il mondo. Ne basterebbero circa cento per la connessione globale». 

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