Seconda ondata, una mamma su 3 lascerà il lavoro se andrà avanti la didattica a distanza

Seconda ondata, una mamma su 3 lascerà il lavoro se andrà avanti la didattica a distanza
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Mercoledì 12 Agosto 2020, 13:35 - Ultimo aggiornamento: 13 Agosto, 20:14

Una mamma su tre pronta a lasciare il lavoro nel caso in cui, con la seconda ondata di Covid, dovesse progeguire la didattica a distanza. Lo rivela una ricerca dell'università Bicocca di Milano. I quesiti sono arrivati a 7mila nuclei familiari formati da adulti con figli minorenni: solo un genitore avrebbe dovuto rispondere, ma a farlo per il 94% sono state le donne «e già questo la dice lunga sul fatto che la cura dei figli in Italia sia ancora completamente femminile», spiega all'Agi la professoressa Giulia Pastori, pedagogista dell’università Bicocca di Milano, a capo del team che ha realizzato un’indagine sulla didattica a distanza a cui bambini e ragazzi sono stati costretti durante il lockdown.
 

La didattica a distanza

Dalle risposte è emerso che sono soprattutto le mamme a occuparsi dei figli e a seguirli nello studio. «Il 65% delle madri ritiene che la didattica a distanza non sia compatibile con il lavoro». Alla domanda se stanno pensando di lasciare il lavoro qualora la dad andasse avanti, oltre il il 30% risponde di sì.

«Si è ragionato troppo poco sull’importanza dell’apertura delle scuole dal punto di vista della tenuta sociale e del lavoro femminile», secondo Pastori. «E si rischia di fare lo stesso errore in vista del nuovo anno scolastico e nel caso di una seconda ondata. Durante il lockdown, infatti, le mamme dedicavano in media 4 ore al giorno ad aiutare i figli: praticamente un secondo lavoro part-time che si aggiunge a quello vero e alla cura della casa».


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La ricerca della Bicocca, spiega l'Agi, ha riguardato  per il 98% donne di nazionalità italiana e con almeno un diploma superiore (41%), mentre il 38% ha una laurea, e il 15% anche un master post laurea; le intervistate si trovano mediamente in condizioni di relativo benessere e abitano soprattutto al Nord. Il 67% di loro ha continuato a lavorare dall’8 marzo in modalità smart-working, e il 62% lo ha fatto avendo un lavoro dipendente (il 18% erano partite Iva e il 4% circa ha anche affrontato la cassa integrazione). Si tratta di madri mediamente di 42 anni che hanno 1.4 figli, per la maggioranza bambini da scuola elementare: 2855 su 7mila.

Il lockdown

Il lockdown ha messo a dura prova le mamme lavoratrici, «Alcune donne sono riuscite ad ironizzare sulle acrobazie quotidiane della gestione della famiglia con lo smart-working, che peraltro annulla i confini tra la vita privata e quella lavorativa e non concede orari. Altre hanno ammesso la difficoltà di tenere insieme tutti pezzi. Ma tutte avvertono: la chiusura della scuola non può essere l’unica soluzione anche in caso di seconda ondata o ne va della tenuta delle famiglie e del Paese. La situazione italiana non ha paragoni col resto d’Europa: solo in Italia la chiusura è stata completa, per tutti gli istituti e fino a fine anno scolastico. Questo dovrebbe farci riflettere».

 La chiusura sia
l'extrema ratio: «Non cerchiamo di risolvere tutto gettando il peso sulle spalle delle famiglie e soprattutto delle donne” è dunque l’appello finale che emerge dall'indagine».

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