Come evitare che lo smart working per le donne non si trasformi in un enorme passo indietro nella condizione femminile? Il rischio sollevato a livello globale del New York Times alcuni giorni fa ha aperto un dibattito collettivo in diversi paesi e anche in Italia: visto che le donne che lavorano da casa continuano ad occuparsi della conduzione domestica e dei figli, e visto che non rientrano nei parametri dell'«Ideal worker» (colui che entra presto la mattina in ufficio e resta fino a tardi la sera) forse continueranno non essere prese in considerazione per ruoli ai vertici aziendali ma verranno lasciate in ruoli di terzo quarto livello. Il dubbio è legittimo.
A mettere in fila una serie di riflessioni è Patrizia Ravaioli, Senior Advisor Key2People e membro di Fuori Quota – una associazine che si batte per garantire l'equa presenza di donne nei board e nelle posizioni apicali di istituzioni e aziende.
Il dubbio, afferma Ravaioli, viene «soprattutto in un Paese come il nostro in cui i leader che gestiscono l’emergenza sono solo uomini e nel momento in cui si creano nuove task force si continua a non si tenere conto dell’equità di genere».
«La mia preoccupazione è che ci possa essere qualche pensiero, se non subdolo, certamente sopito in molti (uomini) di questo genere: Evviva lo smart working! Consente alle donne di lavorare da casa mentre si occupano dei bambini, cucinano, puliscono la casa e si occupano dei genitori anziani. Del resto le donne si sono sempre vantate di essere multitasking, è ora di provarlo».
Di fatto il tema degli effetti collaterali dello smart working è macroscopico e da settimane anima i dibattiti anche in Francia, in Germania, in Austria, in Spagna. «Il fatto è che mentre la maggior parte degli uomini che lavorano in smart working è concentrata solo sul lavoro, solitamente alla donna spetta esercitare comunque il ruolo di caregiver. La grande questione che si apre in prospttiva è che il peso dell’organizzazione familiare sia equamente distribuito, senza trasformarsi in una voragine per le donne che si vedranno catapultate anni indietro».
Smart working, un passo indietro per la condizione femminile e la parità sul lavoro?
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 15 Aprile 2020, 13:26
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