Antonio Monda: «La mia New York da cinema, ora racconto gli anni Venti con Kennedy senior»

Antonio Monda: «La mia New York da cinema, ora racconto gli anni Venti con Kennedy senior»
Antonio Monda: «La mia New York da cinema, ora racconto gli anni Venti con Kennedy senior»
di Stefania Cigarini
4 Minuti di Lettura
Martedì 16 Marzo 2021, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 08:17

Dieci romanzi, uno per ogni decennio del Novecento, dedicati a New York. Antonio Monda, direttore del www.romacinemafest.it di Roma, ha dato alle stampe l'ottavo libro della saga dedicata alla sua città di adozione: Il principe del mondo (Mondadori).

«Perché la protagonista vera è New York - precisa lui - Ci vivo dal 1994, 27 anni, metà della mia vita. E' una città aspra, dura, che ti sfida sempre, ma che può dare tanto. Ci possono essere momenti di solitudine, dolore, sconforto, ma mai momenti di noia. E' una città esaltante, eccitante, o è stata anche durante il Covid e lo è tutt'ora. New York è come una mare adottiva, può essere dura, ma mantiene sempre le promesse che fa».

Questo romanzo è ambientato negli anni Venti

«E come gli altri sette mescola personaggi immaginari, i veri protagonisti del racconto, con personaggi reali. Il protagonista è Jack Singer, un giovane ragazzo ebreo, cugino dello scrittore Isaac Bashevis Singer, che lavora come assistente di Sam Warner, uno dei Bros. produttori cinematografici. Warner muore improvvisamente la sera antecedente la premiere di The Jazz Singer, il primo film sonoro della storia del cinema, sul quale aveva investito tutto. Jack deve fare gli onori di casa, perché i fratelli Warner sono al funerale di Sam, e conosce Gloria Swanson sotto braccio a Joseph Kennedy, il padre del futuro presidente John e di Bob».

Un accenno di trama?

«Jack diventa l'assistente di Kennedy senior, inorridito e affascinato al tempo stesso dalla personalità di quest'uomo che è antisemita, omofobo, filonazista, contrabbandiere, amico di criminali e mafiosi, ma che al tempo stesso è un uomo di genio, ha quello che gli americani definiscono vision, una visione del futuro e una intelligenza fuori dal comune».

Alla saga newyorkese mancano gli anni Dieci e Trenta

«Sì, perché non scrivo in maniera cronologica. Adesso però ho iniziato quello dedicato agli anni Trenta, avrà il titolo di un verso di una canzone di Bob Dylan, Black is the color, none is the number, nero è il colore, nessuno è il numero».

Che accoglienza hanno avuto, negli Stati Uniti, i suoi racconti da figlio adottivo su New York?

«Molto buona, pensavo che mi avrebbero preso per un povero pazzo che voleva raccontare New York agli americani.

Invece il primo romanzo, L'indegno, pubblicato da una grande casa editrice che è random House, ha avuto recensioni molto buone. Ci sono stati scrittori, a partire da Philip Roth che hanno scritto cose molto lusinghiere. Ne sono stato onorato».

Il romanzo La regina degli scacchi, dopo essere diventato una serie tv di successo per Netflix, presto debutterà a Broadway come musical. Cosa ne pensa?

«Non è insolito, ieri ho visto Brian Selznick autore de La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, diventato film e poi musical. I canali streaming sono il presente e il futuro del mondo dello spettacolo per immagini. Ho visto tutto The Crown, non ho nulla contro le serie o il mezzo, ma durante il periodo di emergenza Covid ho anche rivisto le grandi retrospettive, prima Alfred Hitchcock e adesso John Huston. Insomma, il cinema è un'altra cosa».

E che cos'è il cinema?

«E' la fruizione di immagini in movimento su uno schermo più grande, e non più piccolo come quello di un televisore, visto al buio insieme a degli sconosciuti. Se manca uno di questo elementi non è cinema, magari un'altra cosa bellissima, ma non cinema».

Festa del Cinema

«Speriamo di essere in condizione di farla in presenza, nel 2020 l'abbiamo fatta all'80%, se quest'anno riuscissimo a farla al 90% sarebbe già una vittoria. Lavoriamo per farla in presenza».

L'intervista di Harry e Meghan ad Oprah Winfrey, un evento mediatico, quasi cinematografico.

«Anche no, preferisco non commentare. Diciamo che il giorno che il Papa fa una cosa di straordinario impatto, qualcosa che ha cambiato il mondo, come la visita apostolica in Iraq e si parla quasi solo di Harry e Meghan dice in che clima di decadenza morale culturale viviamo».

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