Xylella, gli ulivi infetti non andavano tagliati

Xylella, gli ulivi infetti non andavano tagliati
di Maria Claudia Minerva
3 Minuti di Lettura
Sabato 13 Febbraio 2016, 10:45 - Ultimo aggiornamento: 18:21
Per la prima volta, stop anche al taglio di alberi malati. Il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta cautelare di 10 proprietari (Giuseppe Papa, Anna Maria Murrone, Cosimo Ciccarese, Anna Maria Liaci, Giovanni Bottazzo, Luigi Francone, Maria Massimina Giordano, Anna De Blasi, Carmela Liaci, Antonella Rucco) di campagne di Squinzano e Trepuzzi, nel Leccese, colpiti da ingiunzioni di abbattimento di ulivi considerati infetti dalla xylella fastidiosa. I giudici amministrativi con ordinanza dell’11 febbraio scorso hanno quindi operato una variazione rispetto al passato, perché la sospensiva finora era stata applicata per piante sane nel raggio di 100 metri rispetto a quelle colpite dal batterio. Il ricorso (che è il numero 10426/2015) era stato presentato dall’avvocato Mariano Alterio, i giudici di secondo grado, dopo aver esaminato le motivazioni dei ricorrenti, hanno evidenziato la procedura di monitoraggio e analisi seguita dall’Osservatorio fitosanitario regionale ritenendo evidentemente non regolare un iter che non ha coinvolto i proprietari degli alberi, non consentendo loro di effettuare analisi di parte prima che venisse disposta l’eradicazione da parte della struttura commissariale.

L’ordinanza cautelare, che non ha un efficacia immediata ma che l’avrebbe qualora dovesse venire meno il sequestro penale delle piante, nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Lecce, è fondata principalmente su quattro principi. Primo: si sostiene che i proprietari non siano stati informati che sui loro fondi si sono svolte verifiche e prelievi sulle piante senza contraddittorio; secondo: nessuno degli interessati sarebbe stato posto a conoscenza delle modalità di catalogazione e conservazione del materiale vegetale analizzato; terzo: il sistema di individuazione delle piante da eliminare, con riferimento alle coordinate geografiche, non consentirebbe la effettiva corretta eseguibilità dell’ordine in 10 giorni; e, infine, quarto: l’ordine non risulta eseguibile nel tempo accordato in quanto è troppo ridotto rispetto al tempo effettivamente necessario per l’intera operazione di eradicazione.

Non solo. I magistrati chiamati in causa (Lanfranco Balucani, presidente; Carlo Deodato, consigliere; Lydia Ada Orsola Spiezia, consigliere estensore; Massimiliano Noccelli, consigliere; Pierfrancesco Ungari, consigliere) hanno anche condiviso, a quanto si è appreso, alcune censure degli appellanti, ad esempio quelle sulla irrogazione delle contestate misure fitosanitarie in mancata di univoci risultati delle analisi sugli agenti patogeni responsabili della diffusione della malattia in questione, che corrispondono ad osservazioni poste a fondamento della ordinanza del 28 dicembre scorso, con cui il gip di Lecce Alcide Maritati ha disposto la convalida del sequestro preventivo di urgenza disposto dai pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci che riguarda di tutte le piante di ulivo destinatarie dell’ordine di estirpazione e taglio in esecuzione del piano dell’ex commissario straordinario Giuseppe Silletti, che figura tra i dieci indagati nell’inchiesta insieme a ricercatori del Cnr e dirigenti regionali dell’Ufficio Fitosanitario.

In pratica, se non fosse intervenuto il sequestro disposto dalla Procura, anche quelle piante nel frattempo sarebbero state tagliate, ma anche secondo il Consiglio di Stato, ingiustamente. Adesso, alla luce dell’ordinanza emesse dai giudici di Palazzo Spada, chiunque dovesse presentare un ricorso, sulla base di analisi eseguite con le stesse modalità, otterrebbe una sospensiva. Un provvedimento che può essere considerato la pietra tombale degli abbattimenti. A questo proposito, però, vale la pena ricordare che anche il governo regionale cavalca questa tesi puntando a sconfiggere la malattia con la prevenzione e la ricerca.

Intanto, la xylella continua a guadagnare pezzi di nuovi territori: quattro nuovi focolai sono, infatti, stati scoperti nel Brindisino. Il batterio ha raggiunto San Donaci e San Pancrazio, mentre nuove piccole infezioni sono stati riscontrati anche a Cellino e San Pietro Vernotico. Dati confermati ufficialmente dall’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA