Violenta una 15enne in una struttura turistica a Gallipoli: «Stai zitta, sono un uomo d'onore»

Violenta una 15enne in una struttura turistica a Gallipoli: «Stai zitta, sono un uomo d'onore»
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 20 Aprile 2021, 22:57 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 16:25

Ubriacata con sei bicchieri di tequila. Soggiogata ed intimorita dopo averle riempito la testa di racconti dei suoi trascorsi mafiosi fatti di atti di prepotenza, di omicidi, di onore e di rispetto. Per farle credere di essere il suo protettore, di essere la persona che l’avrebbe inserita nella vita ancora meglio dei suoi genitori. L’uomo che una notte dei primi giorni di agosto - questa l’accusa che l’ha fatto finire in carcere - la violentò nella stanza della struttura turistica di Gallipoli dove lavorava come factotum e dove avrebbe creato un clima di timore e di sottomissione fra il personale e gli stessi ospiti. 


Roberto Rapisarda 55 anni, di Belpasso (in provincia di Catania), con condanne passate in giudicato per mafia, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, per rapina in concorso, lesioni a pubblico ufficiale ed altro, era stato fermato dai poliziotti del Commissariato di Gallipoli in esecuzione al decreto di fermo del pubblico ministero della Procura di Lecce, Luigi Mastroniani.

Le accuse 

Violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche, per motivi abietti, per abuso di ospitalità, nonché perché la vittima aveva meno di 18 anni e per avere ostacolato i suoi tentativi di difendersi, le accuse tornate d’attualità nel primo pomeriggio di ieri nel corso dell’ascolto della ragazza. Di una famiglia di origine salentine che ben volentieri l’estate tornava nei luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza, l’incidente probatorio si è tenuto nel Tribunale della città del Nord Italia dove questa famiglia risiede ormai da anni. La ragazza ha confermato ciò che raccontò l’estate scorso in Commissariato alla presenza, fra gli altri, dell’avvocato Luigi Covella per la sua famiglia e dell’avvocatessa Francesca Conte per l’indagato. 
L’accusa tuttavia non si sostanzia sulle sole dichiarazioni della ragazza ma anche sulle centinaia di messaggi trovati nel suo telefono ed in quello di Rapisarda. Emblematici - dicono questo le carte dell’inchiesta - del rapporto violento consumato quella notte ma anche della scansione temporale attraverso cui la ragazza sarebbe stata circuita ed intimorita: dicendole sì di stare dalla sua parte perché lui era un mafioso, ma anche promettendole di portala in discoteca di nascosto dai genitori. E di regalarle quel costume da bagno che papà e mamma non volevano comprarle.

Un martellamento continuo con messaggi ora adulatori ora in stile mafioso ma anche presentandosi un giorno con piccoli regali come magliette, bevande e i suoi cibi preferiti. E non mancando mai di darle prova di come riuscisse a sottomettere gli altri ai suoi voleri. A cominciare con il farle notare che fosse l’unico dipendente con una stanza tutta sua. Un privilegio accordatogli - sottolineò - perché era mafioso.

La notte dell'orrore 


A 15 anni nessun sospetto che quell’uomo non la stesse circuendo per avere un rapporto sessuale? No, no perché la rassicurava che nel codice della mafia non si fanno certe cose alle ragazzine.
Parole. L’inchiesta e la testimonianza di ieri raccontano un’altra storia: quella notte la invitò con insistenza a raggiungerlo nel magazzino accanto alla sua stanza. Da lì si spostarono in camera. Cinque bicchieri di Tequila e alla ragazza girò la testa tanto da doversi stendere sul letto. Rapisarda ne avrebbe approfittato. 
L’inchiesta a questo punto è prossima alla chiusura. La verità sarà poi affidata al processo.

L’indagato risponde anche di atti persecutori meglio conosciuti come stalking. Risponde di avere sommerso la ragazza di messaggi per tre giorni consecutivi nel tentativo di desistere da parlare con qualcuno dei rapporti sessuali subiti nella sua camera. Con minacce di morte: «Non mi costringere a farti del male, ti devo togliere dalla circolazione, ti vengo a prendere. Non insisto più, ora passo all’azione, io devo farti male, se io ti faccio una carezza e tu in questo caso mi dai dei pugni io ti tolgo la vita».
Con richiami ai suoi trascorsi mafiosi: «Sono un uomo d’onore, sono in pochissimi ad esserlo nella cosa nostra con le regole di omertà e vivo di prepotenza. Vivo e faccio paura, la guerra per me è come prendermi un caffè. Ho fatto la guerra con i clan più agguerritissimi, mettiti al posto mio. Dovrei ucciderti, per molto meno ho sparato ala gente. Riflettere, riflettere, io per queste cose ho distrutto le persone, non devo sentire la minima parola, ti vengo a prendere mentre dormi. Sparati da sola e mi risparmi l’ergastolo. Devo spararti subito in testa, mi devi supplicare di non ammazzarti».
Ed ancora minacce. Anche di raggiungerla nella città del Nord Italia dove la ragazza vive con la famiglia. «E non finisce qui, a ....ti vengo a trovare e capisci la mia potenza contaci» .

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