«Questa riforma? Un invito implicito ad armarsi e uccidere»

Alcide Maritati
Alcide Maritati
di Erasmo MARINAZZO
3 Minuti di Lettura
Lunedì 1 Aprile 2019, 12:05
Segretario nazionale dell'Associazione nazionale magistrati, il giudice salentino Alcide Maritati ha contribuito alla stesura del documento che ha stigmatizzato la recente riforma della legge sulla legittima difesa.
Giudice Maritati, perché si è parlato di profili di incostituzionalità?
«Si equipara il bene della vita al bene patrimoniale. Vengono messi sullo stesso piano, come se avessero il medesimo valore. In pratica si legittima a uccidere per difendere un oggetto rubato. È una delle più evidenti scompensazioni di questa riforma: nella sfera domestica si può sparare contro il ladro che fugge con la gallina in braccio».
A livello nazionale i casi di legittima difesa sono questioni processuali ricorrenti?
«Assolutamente no. La casistica è infinitesimale. La riforma si presta per questo a strumentalizzazioni. Dal punto di vista processuale i casi si sono risolti gran parte delle volte con l'archiviazione perché le leggi in vigore prima di questa riforma erano sufficientemente garantiste».
Non c'era bisogno di inserire ulteriori modifiche a garanzia dell'eventuale indagato-imputato?
«Direi di no. Lo dicono i dati, non è una opinione strettamente personale. Del resto la legittima difesa domiciliare era stata già rafforzata con la riforma del 2006 voluta dall'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli e con la legge Ferrante-Ermini del 2017».
Quale la ratio, allora, di questa riforma? Una riforma populista piuttosto che utile a garantire giustizia?
«Non entro in valutazioni di tipo politico. Ricordo che come Anm abbiamo evidenziato il nostro punto di vista giuridico, segnalando anche profili di incostituzionailità».
Lo stato di grave turbamento come potrà essere riconosciuto dal giudice?
«Introducendo un concetto atecnico, il legislatore ha ottenuto un obiettivo opposto a quello che si era prefisso: invece di limitare la discrezionalità del magistrato, ha aperto un varco ad una interpretazione più ampia. Che riguarderà anche il pubblico ministero e le difese. Perché ora dovremo stare particolarmente accorti a capire se dietro lo stato di grave turbamento si nasconda un omicidio volontario. Questa scriminante, in altre parole, non riduce, ma introduce nuove problematiche di tipo interpretativo».
Visto che il grave stato di turbamento è un elemento soggettivo, non sarebbe ragionevole prevedere per il porto d'armi una attestazione particolarmente stringente sul possesso dei requisiti psicologici per stabilire se una persona particolarmente suggestionabile può diventare pericolosa con un'arma in casa?
«La riforma non lo prevede. Restano invariate le procedure per il rilascio del porto d'armi».
In questo servizio abbiamo ricordato il caso dell'uomo che sparò ed uccise la moglie in casa, scambiandola per un ladro. E dopo avere subito una rapina con sequestro di persona. Come sarebbe valutato oggi un questo caso?
«Oggi sarebbe esente da sanzione. Perché il grave stato di turbamento viene considerato sempre una scriminante, nonostante sia un elemento di natura soggettiva».
Nella sostanza, la difesa può essere considerata sempre legittima entro le quattro mura di casa?
«Sì, perché considera sempre proporzionale il rapporto fra offesa e difesa. Ma con la conseguenza che si corre il rischio di innescare una corsa ad armarsi».
Perché?
«Perché si può sentire legittimato a sparare per difendersi il proprietario di casa. E perché chi si appresta a compiere reati predatori ora può aspettarsi una reazione a mano arma e potrebbe armarsi anche lui. È un invito implicito ad armarsi. E ad ammazzare. Con problematiche di ordine pubblico. Lo hanno fatto presente anche i sindacati di polizia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA