«Turismo nelle mire della mafia. Faro acceso anche sui vaccini»: a confronto con il capo della Dia, Carla Durante

«Turismo nelle mire della mafia. Faro acceso anche sui vaccini»: a confronto con il capo della Dia, Carla Durante
di Roberta GRASSI
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Sabato 27 Febbraio 2021, 08:53

I riflettori si sono accesi quasi contemporanemente all'avvio dell'emergenza. E così è stato possibile prevedere, avendo negli anni analizzato a fondo il fenomeno mafioso nel Salento, quale sarebbe stata la direzione seguita della criminalità in tempi di Covid. E, cioè, un'ulteriore svolta imprenditoriale verso i settori cardine dell'economia salentina: il turismo dopo i rifiuti. Con l'aggiunta della sanità, alla ribalta proprio perché in prima linea nella lotta al coronavirus.
L'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia si riferisce a primo semestre del 2020, quello del lockdown. E dà conto di un nuovo, marcato interesse della Scu per gli affari connessi alla pandemia. Anche a Lecce, Brindisi e Taranto, come dimostra il lavoro fatto dagli investigatori diretti da Carla Durante, vicequestore e capo della Dia di Lecce: «Monitoriamo i rischi in tempo reale. Le infiltrazioni nella ricettività alberghiera e nella ristorazione, i rifiuti ospedalieri e ora anche il pericolo che si crei un mercato parallelo dei vaccini».
L'emergenza Covid, è scritto a chiare lettere nell'ultima relazione della Dia, è terreno fertile. Cosa vuol dire per il Salento?
«La Dia ha iniziato ad affrontare la questione già in pieno lockdown. Poco dopo la chiusura totale si leggevano già i segnali di una possibile ingerenza della criminalità organizzata nell'emergenza sanitaria. Sono stati costituiti appositi gruppi di lavoro e con il tempo tutte le sfaccettature della problematica sono diventate più chiare. Sappiamo ora più precisamente quali sono le sfere di interesse della criminalità».
Quali sono?
«L'assistenzialismo nelle varie forme: quelle alimentari, dei sussidi. Il classico aiuto dato al vicino di casa, un sistema che talvolta le stesse vittime non percepiscono come reato, ma semplicemente come una forma di sostegno».
Parliamo di usura di quartiere? Soldi prestati per fare la spesa, per esigenze primarie: qual è il vantaggio per le organizzazioni criminali?
«C'è un duplice risvolto. La criminalità salentina cerca approvazione oltre ad avere un profitto diretto. Ottiene che la gente si rivolga all'organizzazione e non allo Stato, costruendo così il proprio consenso. E si diffonde in modo capillare. Abbraccia una vastissima platea, a differenza di condizioni normali in cui è solo una minoranza a versare in uno stato di necessità. Abbiamo oggi una larga fetta di popolazione in sofferenza».
Poi?
«Poi c'è lo sciacallaggio. Gli investimenti di denaro, dalla provenienza illecita, in imprese che si trovano in grave difficoltà e che finiscono per essere acquisite totalmente dalla mafia anche nel Salento. E' denaro che deriva da altri reati: dal traffico di droga, ad esempio. O dalle estorisioni. Non dimentichiamo, poi, la possibilità di accaparrarsi direttamente tutti i ristori messi a disposizione per l'imprenditoria sana. E infine l'impiego diretto: la produzione di dispositivi, il settore degli appalti, la gestione dei rifiuti speciali».
Quali sono gli scenari?
«Stiamo monitorando con particolare attenzione il settore dei rifiuti ospedalieri legati a camici, mascherine, contenitori di disfettanti. Il settore dei rifiuti è sempre stato molto appetibile, ora c'è anche questa sfaccettatura. Non trascuriamo anche l'eventualità, che non possiamo escludere, che si possa creare un mercato parallelo dei vaccini. E su questo stiamo accendendo un faro. Monitoriamo tutto ciò che attiene all'emergenza sanitaria».
Questa diversificazione è avvenuta molto in fretta. E' stato un processo quasi in tempo reale rispetto all'emergenza.
«La Dia si è mossa subito compiendo un' accurata analisi socio-economica del momento e ben conoscendo le metodologie consuete utilizzate dalle associazioni che puntano agli ambiti in cui c'è maggiore possibilità di fare business. La nuova criminalità salentina ha già cambiato rotta da tempo: ha lasciato la coppola indossare giacca e cravatta. La mafia ormai è imprenditoriale, non spara più, non mette bombe. Il criminale vero vive in una zona d'ombra, ha i capitali e non attira su di sé i riflettori. Importanti sono anche i rapporti con la politica. La provincia di Lecce, in quanto a interdittive e Comuni sciolti, tiene alta la bandiera. Fondamentale è aggredire i patrimoni, con il doppio fine di spogliare chi li ha accumulati illecitamente e risarcire al contempo la collettività».
Bisogna ogni volta arrivare a tanto? Non c'è una rete istituzionale in grado di influire preventivamente sul fenomeno?
«Guardi, l'interdittiva antimafia è una misura di prevenzione.

Interviene prima che l'azienda acquisisca l'appalto, non dopo. I riflettori si accendono subito, non appena c'è una manifestazione d'interesse per una determinata procedura, al momento della consegna della certificazione antimafia. È chiaro che, in ogni caso e a seconda delle circostanze, bisogna fare valutazioni puntuali e tenere conto di un bilanciamento di interessi: vanno evitate le connivenze, ma non va affossata l'economia. La rete istituzionale è fondamentale, Ognuno deve dare il proprio contributo».

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