«Trent’anni di distrazioni
da parte della politica»

«Trent’anni di distrazioni da parte della politica»
di Maddalena MONGIÒ
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Venerdì 3 Febbraio 2017, 11:26
«È strano che un imprenditore sfrutti per 20, 25 anni una discarica e quando deve corrispondere una parte di costi per la bonifica questi ricadano tutti sulla collettività». Non le ha mandate a dire, il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, ieri mattina, intervenendo alla presentazione del Progetto Minore della Asl di Lecce. Si è alzata in piedi «per incontrare con gli occhi i sindaci» e in mezz’ora ha condensato i temi caldi sul fronte dei reati ambientali (Burgesi in testa) passando poi a una sferzata secca indirizzata agli amministratori dei Comuni e alla politica nel suo complesso.
Un discorso denso di contenuti e appassionato che le è valso un applauso convinto, lunghissimo, con un’acme degna di una standing ovation arrivata da quella stessa platea che il magistrato aveva appena bacchettato. Il riferimento a chi dovrebbe pagare per la bonifica non era generico, ma aveva un nome preciso, ossia l’ex discarica Burgesi, su cui si è dilungata in premessa. «Non capisco perché, nel momento in cui la bonifica della discarica di Burgesi deve essere fatta da chi l’ha gestita, scatta l’allarme per le dichiarazioni di un mio indagato – ha puntualizzato Mignone –, un imprenditore che da trent’anni inquina il Salento, e il costo della bonifica si scarica sulla collettività». Parole fermissime, quelle del procuratore aggiunto, guardando dritto davanti a sé. Ha speso diversi minuti sulla relazione allarme-bonifica, perché ha spostato l’onere sulla collettività con la caccia a fondi europei da utilizzare che non sono certo regalati e spesso prevedono una parte di cofinanziamento da parte delle amministrazioni.
Ma, va detto, che l’allarme è stato lanciato dalla stessa Mignone nella richiesta di archiviazione del procedimento penale aperto dopo le dichiarazioni rese da Gianluigi Rosafio (l’imprenditore condannato con sentenze passate in giudicato per traffico illecito di rifiuti, anche nella zona e nella discarica di Burgesi, ndr), nel 2015. E in quella richiesta Mignone, evidenziando come i reati siano stati in parte prescritti, in parte già giudicati, sottolinea «l’elevato rischio ambientale» derivato dall’inquinamento dell’impianto e «impone» a ministero, Regione e Comuni di avviare tutti i procedimenti per la bonifica.
Come già aveva fatto su Quotidiano all’indomani dell’allarme del dicembre scorso, il magistrato ha spiegato che quel rischio ambientale riguarda non solo, come è messo nero su bianco nella richiesta di archiviazione, la presenza probabile di circa 600 fusti tombati lì illegalmente, ma anche la presenza di altri inquinanti, scarti industriali, del cui smaltimento Rosafio ha riferito ai carabinieri sempre nel 2015.
L’allarme attorno all’ex discarica di Burgesi sarebbe stato funzionale a scaricare il costo della bonifica sulle casse pubbliche e quindi sulla collettività: questo il teorema che ha spiegato Mignone, con tono deciso, ribadendo diverse volte il concetto. «Cosa c’è a Burgesi lo sappiamo dal 2000, perché oggi scatta l’allarme? Gli amministratori devono sapere cosa c’è sui loro territorio e fare attenzione controllando e monitorando costantemente».
Chiuso il capitolo Burgesi, Mignone ha aperto uno spaccato su tutte le fragilità del territorio, in termini di inquinamento ambientale, ricordando che la discarica ormai inattiva di Ugento non è l’unico problema e che non ha senso «che tutti si domandino cosa fare per Burgesi quando ci sono le discariche tombate che abbiamo scoperto sulla 275 e ce ne sono tante che non sono state curate. Gli operai che hanno lavorato sull’unica discarica messa in sicurezza sulla 275 hanno raccontato che pensavano di stare all’inferno perché dalla terra saliva un calore insopportabile». Quasi provocatoriamente, Mignone ha affermato che: «Non c’è nessun allarme perché sono trent’anni che questo territorio subisce danni ambientali con la distrazione di chi doveva controllare. Dov’erano gli amministratori quando sui territori si faceva questo scempio? Si parla di Ilva, ma ci sono tante piccole aziende che non hanno un sistema di rilevazione delle emissioni in aria e contribuiscono a inquinare l’aria. Ma anche per il nostro mare c’è stata la stessa distrazione tanto che dalla Grecia sono venuti sulle coste del Salento per prendere le oloturie da destinare ai mercati orientali». Poi l’affondo più duro: «La cosa grave è che gli amministratori hanno continuato ad affidare appalti a quel signore che era oggetto di indagini di magistratura consentendogli di continuare a smaltire rifiuti».
[SIGLA]M.Mon.
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