Tre sospettati in caserma: prova stub dopo l’agguato. Scattano le perquisizioni

Tre sospettati in caserma: prova stub dopo l’agguato. Scattano le perquisizioni
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 30 Novembre 2016, 14:09 - Ultimo aggiornamento: 18:01

Tre persone condotte in caserma nella notte seguente al tentato omicidio di Luigi Spennato. E tutte e tre sottoposte allo “stub” per capire se abbiano impugnato la pistola o il kalashinikov da cui sono partiti i 18 colpi che l’altro ieri sera avrebbero dovuto ammazzarlo appena arrivato davanti al cancello della sua casa di via Madonna della Campana, a Casarano: sono sbucati da dietro un muro, Spennato ha cercato di salvarsi la vita investendoli ma si sono posizionati ai lati della sua Fiat Punto ed hanno aperto il fuoco. Una prova, quella dello stub, che potrebbe svelare particolari importanti e utili agli inquirenti.
Potrebbero essere arrivate alla svolta le indagini sull’improvvisa recrudescanza della criminalità del Basso Salento. C’è una pista privilegiata sull’omicidio del 26 ottobre scorso di Augustino Potenza ed il tentato omicidio del suo braccio destro, Spennato, 42 e 41 anni, di Casarano.
Tutti di Casarano, i sospettati. E tutti ritenuti organici ad un gruppo malavitoso che avrebbe mal sopportato il consenso sociale guadagnato da Potenza negli ultimi quattro anni in questa porzione di territorio dove le occasioni per gli affari (non solo leciti) non mancano. m cioè, dal 2012 quando tornò libero con l’annullamento della Cassazione ed il rinvio alla Corte d’Assise d’appello di Taranto (che lo assolse poi definitivamente) dall’accusa di essere stato uno degli esecutori materiali dell’omicidio dei coniugi Fernando D’Aquino e Barbara Toma del 5 marzo del 1998, a Casarano.
Nuovi rancori si intreccerebbero con vecchi rancori. Perché i sospetti dell’inchiesta condotta dai pubblici ministeri Guglielmo Cataldi e Massimiliano Carducci con i carabinieri del Nucleo investigativo e della Compagnia di Casarano sono tutti concentrati sugli ex compagni e soci di Potenza e Spennato, all’epoca in cui erano tutti riuniti sotto lo scettro di ferro del boss (poi pentito) Vito Di Emidio: conti restati in sospeso, probabilmente. Per i traffici di droga costati a Potenza sei anni e quattro mesi di reclusione, per le rapine pagate da Spennato con oltre tre anni di reclusione. E per tutte le attività illecite che la banda salentina guidata da Di Emidio metteva a segno puntualmente tutte le notti seminando il terrore.
Spennato, peraltro, è stato accomunato dallo stesso destino processuale del suo amico Potenza: anche la sua vita è stata segnata da un’assoluzione da un duplice omicidio. Quello di Cosimo e Fabrizio Toma del 18 maggio 2000 a Casarano. Padre e fratello di Barbara Toma. Accuse che pendono ancora su Tommaso Montedoro, alter ego di Potenza e, una volta amici, inseparabili: la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Lecce è attesa per il 12 dicembre prossimo.
Ed anche questo diverso orientamento della giustizia, per il momento solo di natura temporale, potrebbe avrebbe alimentato rancori nei confronti di Potenza e di Spennato nell’animo di qualcuno vicino a Montedoro.
Come i tre sospettati tenuti in caserma durante la notte successiva all’agguato e poi rilasciati in attesa dell’esito degli “stub”. I sospetti sono caduti su di loro dopo le perquisizioni a tappeto ma anche perché stavolta gli inquirenti non si sono fatti trovare impreparati. Un mese di indagini sull’omicidio di Potenza, la raccolta e l’analisi di fascicoli recenti o di qualche anno fa sulla criminalità orbitante a Casarano, ha fornito una traccia precisa. Non è stata abbandonata la pista della vendetta arrivata dal passato da chi non ha mai dimenticato la strage della famiglia Toma, ma sembra passata in secondo piano per il momento. Un intreccio non facile di possibili moventi e di obiettivi da conseguire che mettono insieme passando e presente.
Un momento chiave per gli investigatori. Ci sono sospetti fondati sul gruppo legato al detenuto Tommaso Montedoro. E se l’intuizione dovesse rivelarsi azzeccata, potrebbe nell’immediato consentire di mettere fine a questi agguati in stile gangster-mafioso che hanno spazzato via la serenità e la percezione di sicurezza che da anni ormai caratterizzava non solo Casarano, ma l’intero Salento. Questione di giorni, forse addirittura di ore, e il caso potrebbe chiudersi.
 

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