Perrone: «Temono il voto e cercano di comprare
i nostri consiglieri, hanno chiamato tutti»

Perrone: «Temono il voto e cercano di comprare i nostri consiglieri, hanno chiamato tutti»
di Paola ANCORA
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Giovedì 19 Ottobre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 11:47
Consigliere Paolo Perrone, se il Consiglio di Stato confermasse il verdetto del Tar, sareste tutti pronti a dimettervi per far cadere il sindaco Salvemini?
«Non lo escludo. Ma prima vorremmo capire le intenzioni del primo cittadino. Lui ha vinto le elezioni presentando un programma agli elettori: deve provare a realizzarlo. Il pallino è nelle sue mani, non nelle nostre».
La fa molto semplice, non trova?
«Dico solo che è Salvemini a dover decidere se continuare oppure no. Noi non ci poniamo, stasera, il problema di buttarlo giù, ma se dovessimo ritenere che la Giunta continua a languire e che tornare al voto sarebbe un passo utile per la città, allora non avremmo scrupoli a dimetterci».
Lei ritiene che l’amministrazione stia “languendo”?«Certamente sì. Nei primi 100 giorni di Giunta Salvemini registriamo che l’obiettivo di smontare il filobus non si può raggiungere, che il bando per sostituire i vertici di Lupiae ed Sgm è stato bloccato dai giudici; che la chiusura al traffico per due giorni ha scontentato tutti. Vivono sull’onda dell’autoesaltazione di una minoranza della città che, per i giochi della legge elettorale, è arrivata a governare, approfittando anche delle nostre contraddizioni interne».
Perrone non pensa ci fosse anche, a pesare sul voto, un diffuso senso di stanchezza e rifiuto verso la classe dirigente che ha tanto a lungo amministrato Lecce?
«Fosse stato così non avremmo preso il 52% delle preferenze al primo turno. E la campagna elettorale è stata viziata da un equivoco, cioè dall’offerta di Delli Noci, che ha proposto una “alternativa”, ma sotto banco si era già accordato con il centrosinistra. Se si votasse ora, il quadro sarebbe molto più chiaro».
Non teme il voto?
]«Assolutamente no. Lo stesso non può dire qualcuno nella coalizione di governo. Oggi i tentativi di “acquistare” nostri consiglieri da parte loro sono continui e diffusi. Per Salvemini scegliere la strada delle dimissioni sarebbe difficile. E non per sua coerenza personale, che ha e che lo spingerebbe proprio a questa scelta, ma per certi suoi alleati della campagna elettorale, che sicuramente faranno pressioni perché vada avanti, così conserverebbero le loro posizioni di potere».
Quando parla di “tentativi di acquistare”, a quali consiglieri si riferisce?
«Credo abbiano contattato tutti tranne me, ma nessuno si venderà. E sono anche convinto che queste iniziative non siano affatto sollecitate da Salvemini - lo conosco - ma da qualche suo assessore, che ha paura di nuove elezioni».
 
Il centrodestra come e fra quali personalità sceglierebbe il candidato sindaco stavolta?
«“Non perdo mai: o vinco o imparo” diceva Nelson Mandela. E noi abbiamo imparato, non commetteremo gli errori del passato. Il candidato sindaco verrebbe scelto grazie a un percorso di consultazione democratica, come le primarie. Non dobbiamo dimenticare che, nel frattempo, ci sarebbe l’importante passaggio delle Politiche, in vista del quale, mi auguro, il centrodestra sarà ricomposto».
Esclude una seconda chance per Giliberti?
«Se si dovesse andare al voto, chiunque vorrà presentarsi dovrà superare una fase di verifica democratica del consenso».
Torniamo a oggi. A quali condizioni appoggereste la Giunta Salvemini?
«È difficile trovare una sintesi fra programmi diversi che, sotto l’egida del bene per la città, riesca a portare a un’intesa. È evidente che se il Consiglio di Stato ci darà ragione e Salvemini riterrà di andare avanti, valuteremmo le questioni che vorrà sottoporci. Se, per esempio, ci offrisse la possibilità gratuita di smontare il filobus, noi ci saremmo. Ma l’autoesaltazione di questi mesi, drogata peraltro da una illegittima assegnazione dei seggi in Consiglio, non avvicina le nostre posizioni».
Lei sarà candidato al Parlamento?
«Se ci sarà spazio per me, bene. Altrimenti continuerò a lavorare e a curare gli interessi delle aziende della mia famiglia».
Adriana Poli Bortone, in caso di nuove elezioni, sosterrebbe chiunque tranne lei. Lo sa?
«Poli Bortone dimentica che io non sono candidabile. Dunque il problema non si pone».

 
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