«Abusò di un 16enne disabile»: otto anni per violenza sessuale

«Abusò di un 16enne disabile»: otto anni per violenza sessuale
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Martedì 21 Novembre 2017, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 09:23
Otto anni di reclusione all’uomo accusato di aver avuto rapporti sessuali con un ragazzo di 16 anni affetto da problemi psichici. Ennio Rizzello, 58 anni, di Taurisano, è stato condannato per violenza sessuale aggravata dal deficit cognitivo della vittima. 
La sentenza è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri dai giudici della prima sezione penale (presidente Gabriele Perna, a latere Maddalena Torelli e Silvia Minerva) ed ha previsto anche una provvisionale di 60mila euro per il ragazzo e di 20mila euro per il padre e per la madre, costituitisi parte civile con l’avvocato Luigi Pennetta. Pene accessorie, l’interdizione dalla potestà genitoriale e dagli uffici pubblici.
E dunque, il processo di primo grado ha avallato la tesi dell’inchiesta condotta dalla Procura di Lecce con i carabinieri della stazione di Taurisano, frutto della denuncia querela presentata dai genitori della vittima: aveva raccolto voci e sospetti degli abusi sul figlio che servirono poi a stimolarlo a rompere quel guscio di silenzio in cui si era rinchiuso.
Nella requisitoria di ieri mattina il pubblico ministero titolare del fascicolo, Carmen Ruggiero, ha chiesto di condannare Rizzello a 12 anni di reclusione: fra le circostanze messe in rilievo dall’accusa, l’uso di un coltello per costringere il ragazzo ad avere rapporti sessuali. Ed anche regali come un orologio ed un telefono cellulare, quelle volte che sarebbe passato prenderlo in macchina dalla villa comunale, per raggiungere insieme la sua abitazione.
 Sulla base di questi fatti Rizzello a settembre dell’anno fu arrestato.
L’assoluzione è stata invocata dall’avvocato difensore Silvio Caroli, sul presupposto della mancanza di credibilità dei fatti che diedero poi il via all’inchiesta: non ci furono violenza e costrizione, ha sostenuto, il legale, ma consenso. Con un ragazzo che i 16 anni li aveva compiuti (sotto questa soglia la violenza asessuale viene comunque contestata, anche se c’è il consenso) e senza abusare dei problemi psichici del ragazzo. Il difensore ha sostenuto che non ci fosse prova dell’uso del coltello, perché su quell’arma il ragazzo sarebbe caduto diverse volte in contraddizione. Inoltre non avrebbe ricordato i caratteristici tatuaggi dell’imputato. Infine la difesa ha cercato di valorizzare la tempistica della denuncia: non immediata, non dopo che quel mese di frequentazione, da dicembre 2015 a gennaio dell’anno scorso forzato o consensiente che fosse, cessò di colpo. Solo dopo due mesi i genitori si rivolsero ai carabinieri.
Sono tutte questioni che saranno riproposte nel processo d’Appello appena saranno rese note le motivazioni della condanna. Tre mesi il termine indicato nel dispositivo della sentenza. 
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