Sentenze, soldi e regali: anche un Rolex per il giudice. Si indaga su altre cause. I genitori del neonato disabile: «Minacciò di toglierci il piccolo»

Sentenze, soldi e regali: anche un Rolex per il giudice. Si indaga su altre cause. I genitori del neonato disabile: «Minacciò di toglierci il piccolo»
di Roberta GRASSI
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Sabato 30 Gennaio 2021, 09:45 - Ultimo aggiornamento: 12:04

Memorie informatiche e ancora carte da spulciare. Le indagini vanno avanti, sono tutt'altro che concluse e mirano a verificare se la presunta svendita di provvedimenti giudiziari fosse estesa ad altre cause, oltre a quelle già valutate. Si parla della maxi inchiesta della procura di Potenza che ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei persone: un giudice civile, Gianmarco Galiano, di Latiano, portato in carcere insieme a colui che è ritenuto il suo braccio destro, il consulente Oreste Pepe Milizia, di Francavilla Fontana, e all'imprenditore dei surgelati Massimo Bianco. E poi le ex mogli dei primi due, l'avvocata Federica Spina e la presidente dell'ordine degli ingegneri di Brindisi, Annalisa Formosi, e l'avvocato Francesco Bianco. Due sono invece i magistrati indagati a piede libero: Francesco Giliberti, di Martina Franca, e Giuseppe Marseglia, di Bari. In tutto 21 le persone indagate.


I militari della guardia di finanza del nucleo di polizia economico finanziaria stanno continuando a lavorare, al comando del tenente colonnello Gabriele Gargano. Hanno sequestrato un Rolex e un Audemars Piguet, nella disponibilità di Galiano, che si trova ora nel carcere di Melfi. Hanno apposto i sigilli a un'autovettura di pregio, a contanti e alcune polizze assicurative. Si dovrà arrivare alla quota di 1,2 milioni di euro ritenuta per equivalente l'ammontare del denaro percepito illecitamente da quella che è stata definita la cricca di Galiano, che ruotava attorno alla possibilità che il giudice aveva di influire sulle decisioni giudiziarie per un giro di denaro e favori di diversa tipologia.


L'inchiesta, condotta direttamente dal procuratore di Potenza, Francesco Curcio che ieri ne ha spiegato i dettagli, si può considerare suddivisa in tre filoni.
Uno è quello che concerne le sentenze civili emesse nel periodo in cui il giudice era in servizio nella sezione distaccata di Francavilla Fontana. Due gli episodi salienti. Una causa del 2007 sulla morte di una ragazza di 23 anni, e una causa riguardante un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300mila euro sarebbero stati messi a disposizione del giudice attraverso il conto intestato alla ex suocera, indagata a piede libero. Nel secondo, circa 150mila euro. L'altro filone, invece, è tutto incentrato sulla barca a vela Kemit e sul giro di fittizie sponsorizzazioni fatte da Soavegel e quindi, per l'accusa, da Massimo Bianco in cambio di varie tutele giudiziarie in alcuni procedimenti civili pendenti dinanzi al Tribunale di Brindisi, incluse le aste. Da qui il giro di consulenze (per 400mila euro) ad amici e conoscenti. In primo luogo a Oreste Pepe Milizia, che ne avrebbe ricevute 38 in un quinquennio. Poi anche all'ingegnere Formosi, all'epoca dei fatti moglie del commercialista, oltre ad altri professionisti. L'inchiesta è partita proprio da alcune perquisizioni eseguite nel luglio del 2017 nello studio di Pepe Milizia, accusato di essersi prestato a scrivere le motivazioni di sentenze tributarie per conto di Galiano, giudice della commissione tributaria regionale della Puglia. Sono state quindi rivalutate alcune dichiarazioni rese qualche tempo prima da Rocco Palmisano, titolare della ditta di carburanti Francavilla carburanti che furono oggetto di una denuncia dapprima archivata, perché ritenuta non efficacemente riscontrata. Pepe Milizia e Galiano, secondo quanto riferito da Palmisano, gli avevano assicurato protezione in sede giudiziaria nel corso di uno sfratto e di una procedura fallimentare.


Sulle sponsorizzazioni si è incentrato il lavoro dei militari delle fiamme gialle che ritengono di aver trovato precisa conferma nel tracciamento di denaro. La prossima settimana si terranno gli interrogatori del giudice e degli altri arrestati, dinanzi al gip di Potenza, Lucio Setola. Al fianco dei rispettivi avvocati, Raul Pellegrini, Roberto Palmisano, Giancarlo Camassa e Domenico Attanasi, potranno se lo riterranno fornire chiarimenti.

La procura di Potenza, intanto, ha appellato il rigetto di alcune richieste di arresto: in totale ne erano state formulate 12, ne sono state concesse sei.

I GENITORI DEL NEONATO DISABILE: "MINACCIò DI TOGLIERCI IL PICCOLO"

«Sia io che mia moglie rimanemmo di sasso e terrorizzati e non potemmo fare altro che accettare le sue richieste, vi dico la verità, ora che vi ho detto queste cose ho ancora paura, ho paura che questo Galiano possa farci qualcosa di brutto». Hanno parlato tra le lacrime i genitori di un bimbo disabile, nel corso di una testimonianza che lo stesso procuratore della Repubblica di Potenza ha definito «molto toccante». La deposizione è avvenuta a Brindisi, dove i due sono stati convocati sei anni dopo i fatti, che risalirebbero al 2014.


«A seguito della gravissima negligenza dei medici che hanno determinato l'irreparabile patologia a carico di mio figlio ha raccontato la madre del piccolo agli investigatori iniziammo una causa civile per un risarcimento. Per la verità volevo giustizia in sede penale ma mi dissero che le cause spesso finiscono nel nulla. Mio figlio non comunica con il mondo esterno, io sono l'unico punto di riferimento». Dopo un lungo giro e per varie ragioni i due genitori si rivolsero all'avvocato Federica Spina, all'epoca dei fatti moglie del giudice Gianmarco Galiano, poi dovettero cambiare per ragioni di incompatibilità della stessa con il marito che dopo la soppressione della sezione distaccata di Francavilla era stato trasferito a Brindisi.


La causa si chiuse con un accordo transattivo con l'assicurazione: due milioni di euro. «Pochi giorni dopo che mio marito telefonò alla Spina per farle questa comunicazione, si presentarono a casa nostra sia lei che il giudice Galiano». «Noi abitavamo in una piccola casa in campagna vicino al vecchio autolavaggio di mio marito racconta ancora. A vostra domanda preciso che non era una casa particolarmente lussuosa e ricordo che non avevamo il riscaldamento ma solo un condizionatore che dava aria calda e fredda. Giunti a casa i predetti coniugi, dopo le prime conversazioni di circostanza prese la parola il giudice Galiano». La donna ha spiegato di essere rimasta colpita: «Lui che colse la nostra perplessità iniziò a fare delle considerazioni sulla nostra abitazione, dicendo che era umida e fredda e non era adatta ad accogliere nostro figlio. Disse che lui conosceva tutti giudici, avvocati, assistenti sociali e anche delinquenti e quindi ci disse di non discutere sulle cifre di queste. Accettammo, voi che avreste fatto al nostro posto?».


«Fu uno dei momenti più brutti della mia vita ha proseguito il padre in quanto fu come una pugnalata del tutto inaspettata. Galiano iniziò a dire che dovevamo dare non ricordo quante migliaia di euro alla moglie e che a lui proprio dovevamo dare 150mila euro. Disse in modo arrogante e sprezzante che anche in considerazione del fatto che abitavamo in una piccola casa in campagna, non certamente arredata in modo lussuoso e che lui, conoscendo il sindaco, conoscendo i servizi sociali, la polizia e chiunque contasse, ci avrebbe fatto togliere il bambino perché non eravamo in grado di assisterlo adeguatamente. Disse che lui conosceva i buoni e i cattivi». Poi ancora: «Non potrò mai scordare che, sempre con un tono sprezzante, mi invitò a comprare con i soldi del risarcimento, una piccola casa in Grecia, in modo che lui venendo con la sua barca a vela poteva attraccare e fare una sosta da noi».


Sono dichiarazioni di parte ma i militari della guardia di finanza le ritengono riscontrate dall'avvenuta transazione. Una cifra pari a 150mila euro era stata accreditata il 17 febbraio 2015 sul conto corrente bancario della filiale della Carime intestato alla suocera di Galiano, indagata a piede libero per riciclaggio.

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