S'impicca a 31 anni in carcere: il Ministero risarcirà la famiglia

S'impicca a 31 anni in carcere: il Ministero risarcirà la famiglia
2 Minuti di Lettura
Venerdì 18 Maggio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 20:17
Riconosciuta la responsabilità del personale del carcere di Teramo per la morte per impiccagione di Cosimo Intrepido, di Trepuzzi, 31 anni, quando la sera del 30 giugno del 2011 fu trovato in cella senza vita.
Il giudice civile Monica Croci del Tribunale dell’Aquila ha liquidato 193mila euro a titolo di risarcimento ai familiari della vittima che avevano citato il Ministero della Giustizia con la causa intentata dall’avvocato Antonio Savoia: se fossero stati osservati rigorosamente i tempi dei controlli previsti dal regime di “Grandissima sorveglianza”, ci sarebbero state buone probabilità di salvare la vita del detenuto, sostiene la sentenza.
“Grandissima sorveglianza”: perché Intrepido aveva già tentato perlomeno altre quattro volte di togliersi la vita. E fra la documentazione a disposizione del personale del carcere, anche due consulenze psichiatriche che confermavano la tendenza a togliersi la vita. Negli ultimi tempi, tuttavia, non aveva manifestato comportamenti autolesionisti o tendenti al suicidio, tanto da indurre la direzione del carcere di Teramo a sostituire la “Grandissima sorveglianza, ossia passaggi dalla cella ogni 15 minuti, con la “Sorveglianza a vista”.
L’ultima settimana era passata senza allarmi. Tuttavia proprio nel tempo trascorso fra un controllo a vista ed un altro che il processo civile ha individuato le ragioni per accogliere le istanze dei familiari di Intrepido: «La Grandissima sorveglianza esige controlli “almeno ogni 15 minuti”, peraltro insistendo sull’attenzione e sul rigore nel loro svolgimento. Sicchè un ritardo, anche se minimo, integra comunque una condotta colposa. Ne consegue che... (viene citato il nome di un assistente capo della polizia penitenziaria,  nell’organizzare il giro insieme all’infermiera, avrebbe dovuto iniziare dalla semisezione nord, ove si trovava Intrepido. Oppure sospendere il giro, eseguire il controllo e riprenderlo subito dopo. E’ ragionevole ritenere che, ove l’intervallo prescritto fra un controllo e l’altro, fosse stato osservato con la puntualità dovuta, Intrepido sarebbe stato colto sul fatto. O, quantomeno, i soccorsi avrebbero avuto una più elevata possibilità di successo».
La sentenza dice anche che il detenuto noto nel Salento per le rapine ed i furti seriali durante le feste natalizie del 2006, l’1 giugno avesse ricevuto la notizia di un cumulo di pene che avrebbe prolungato la detenzione. E che il 28 giugno avesse presentato una istanza di trasferimento in un carcere che consentisse di ricevere con più frequenza le visite dei familiari.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA