Metrangolo, per il Tar è legittima la rimozione dal Consiglio di Squinzano

Fernanda Metrangolo
Fernanda Metrangolo
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Mercoledì 27 Aprile 2022, 19:50 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 18:33

Nessuna illegittimità nel decreto con il quale il 23 marzo 2016 il ministro dell'Interno ha rimosso Fernanda Metrangolo dalla carica di consigliere comunale di Squinzano per «gravi motivi di ordine pubblico». L'ha deciso il Tar del Lazio con sentenza.

Il ricorso

Con due specifiche censure, la ricorrente deduceva la violazione del Testo unico delle leggi sugli Enti locali e l'eccesso di potere sotto vari profili, sostenendo, tra l'altro, che il provvedimento impugnato «richiamerebbe le risultanze di un procedimento penale che, però, avrebbe escluso a carico della ricorrente ogni ipotesi di connivenza con le organizzazioni criminali essendo stata formulata, a suo carico, solo l'imputazione per il reato di corruzione impropria», senza indicare «alcun significativo elemento di turbamento per la quiete e la sicurezza pubblica essendo contraddittoriamente fondato sulle risultanze del procedimento penale nell'ambito del quale, però, l'autorità inquirente avrebbe escluso ipotesi di reato a carico della ricorrente».

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La decisione del Tar

Il Tar ha ritenuto che «non può essere condivisa l'impostazione di parte ricorrente allorché prospetta l'insussistenza di elementi comprovanti il pregiudizio per l'ordine pubblico in ragione dell'irrilevanza penale dei fatti menzionati nel gravato decreto». Il complesso delle circostanze di fatto richiamate nel provvedimento impugnato «forniscono - scrive il Tar - il quadro di un amministratore che intrattiene contatti, a vario titolo, con esponenti della criminalità organizzata dai quali può desumersi, in via presuntiva, un illecito condizionamento della funzione. Né, a suo favore, la ricorrente può invocare la sentenza con cui il gip, all'esito del giudizio abbreviato, l'ha assolta dal reato di corruzione impropria, a lei contestato, perché il fatto non sussiste».

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L'assoluzione

Con la sentenza di assoluzione, infatti, secondo il Tar è stata ritenuta «insussistente l'indebita dazione di denaro ma, nella ricostruzione in fatto della vicenda, ha evidenziato una significativa rete di rapporti tra la ricorrente e terzi, tra cui il figlio, aventi ad oggetto l'adozione di atti di competenza del consiglio comunale». E, infine, «l'archiviazione dell'indagine amministrativa in relazione al possibile scioglimento del consiglio comunale non assume rilevanza in favore della ricorrente» dal momento che le misure previste «richiedono presupposti diversi» da quelli previsti del provvedimento contestato. 

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