Spaccio di coca dal letto dell'ospedale: «Nel reparto c'è la fila, mettete un pullman». E il pusher fa lo sconto ai clienti che acquistano in corsia

Spaccio di coca dal letto dell'ospedale: «Nel reparto c'è la fila, mettete un pullman». E il pusher fa lo sconto ai clienti che acquistano in corsia
di Valeria BLANCO
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Giovedì 9 Luglio 2020, 09:25 - Ultimo aggiornamento: 13:59

Un ottimo commerciante, instancabile, uno che non si lascia scoraggiare nemmeno dalle avversità: capace di vendere la droga dalla stanza dell'ospedale Vito Fazzi, a Lecce, dove era stato ricoverato a seguito di un incidente stradale e anche di portarla con sé in carcere dopo l'arresto, in modo da rifornire i detenuti. Il ruolo di Antonio Manco, 32enne di Parabita, nel gruppo criminale sgominato dai carabinieri della Compagnia di Gallipoli con l'operazione Le Veneri, era quello di intrattenere i rapporti con i fornitori di Monteroni e distribuire poi la droga ai soci. Gestiva poi personalmente lo spaccio, per lo più di cocaina, a Matino e Parabita, coordinando pure l'attività di due sottoposti. Ed era così bravo nel suo lavoro - faceva confluire guadagni ingenti nella cassa comune del clan - da essersi guadagnato il rispetto del presunto capo.

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Insieme a Manco, in carcere sono finiti Giorgio Pio Bove, 34 anni, di Parabita, ritenuto il capo del sodalizio; il suo braccio destro Salvatore Martello De Maria, 47 anni, di Tuglie; Giorgio Bove, 25 anni, di Matino; Cosimo Francone, 51 anni e Metello Durante, 40 anni, di Tuglie. Ai domiciliari Addolorata Donadei, 31 anni, moglie di Giorgio Pio Bove, di Parabita; Valeria Manco, 29 anni, di Tuglie, sorella di Antonio, e Michel Perdicchia, 30 anni, di Matino. Una decima persona, Rosario Casarano, 43 anni, di Matino, sarebbe dovuto finire in carcere ma al momento si trova in Germania. Tutti rispondono, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga: avrebbero imposto un monopolio nella gestione dello spaccio tra Matino, Parabita e Tuglie grazie all'affiliazione alla Sacra Corona Unita e precisamente alla frangia nota come clan Giannelli di Parabita.

Manco è uno in grado di portare grandi guadagni alla cassa comune, un fantasista dello spaccio. All'inizio di marzo del 2019 ha un brutto incidente a bordo del suo scooter: viene trasportato in codice rosso al Fazzi, subisce un'operazione alla testa. Tre giorni dopo, ancora convalescente, riceve le visite di amici e clienti ai quali vende la droga dal suo letto d'ospedale. Appena dimesso dalla terapia intensiva, dal reparto, chiama il fornitore a Monteroni: «Ehi, poi stasera alle 7 mi porti un po' da mangiare, che mangio. Hai capito?». Ottenuta la coca, chiama gli assuntori più affezionati, invitandoli ad andare a trovarlo in ospedale e offrendo in cambio uno sconto di 10 euro sul prezzo della dose, per compensarli del costo della benzina necessaria per arrivare fino a Lecce. È lui stesso che spiega a un cliente che deve continuare a lavorare: «Non posso fermarmi». E poi i due fanno ironia sulla grande quantità di visite ricevute nel reparto di Neurochirurgia: «Devi mettere un pulmino da Casarano». «Si l'ho detto già». E ancora: «Stai ridendo, oggi la fila hanno fatto».

Irriducibile, Manco riesce anche a introdurre cocaina purissima in carcere dopo l'arresto: elude i controlli perché non ancora in buone condizioni fisiche dopo l'incidente. A Borgo San Nicola si procura del bicarbonato per tagliare la coca e inizia a spacciare tra i detenuti. È lui stesso, tornato dopo qualche giorno ai domiciliari, a raccontarlo agli amici senza sapere di essere ancora intercettato: «Sai che poi mi hanno fatto fare le flessioni? Solo che non mi sono potuto piegare per la gamba».

E l'amico: «Hai fatto la festa lì dentro comunque, no?». Manco: «E tutti: ah, ma chi ti ha mandato? Chi ti ha mandato? E che ho trovato il bicarbonato lì dentro pure».

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