Sos dal Pronto Soccorso del "Fazzi": «Persi 11 medici in 4 mesi»

Sos dal Pronto Soccorso del "Fazzi": «Persi 11 medici in 4 mesi»
di Valeria BLANCO
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Mercoledì 23 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:11

I disguidi sono molteplici e il marchingegno si inceppa in Pronto Soccorso.  Così il luogo dell'emergenza-urgenza diventa il primo malato da curare, prima ancora delle decine di codici verdi, gialli e rossi che corrispondono ad altrettante persone che ogni giorno chiedono attenzione, dedizione, terapie e sollievo.
E se l’emergenza è cronica, adesso si rischia di superare il punto di non ritorno. Innanzi tutto per una pianta organica quasi dimezzata: al Pronto Soccorso del “Fazzi” sono in servizio solo 19 medici, mentre dovrebbero essercene 32. «Da luglio a ottobre - conferma il primario, Silvano Fracella - ho perso 11 medici a contratto. Sono stati ammessi alle scuole di specializzazione, buon per loro, e mai rimpiazzati. Entro aprile ne andranno via altri due».

Gli altri ospedali

E la situazione è simile, con le dovute proporzioni, in tutti gli altri Pronto Soccorso, dove i medici che hanno dato le dimissioni sono due o tre per presidio. Colpa delle nuove norme, che non permettono più di far valere i 5 anni di lavoro sul campo ai fini della stabilizzazione: bisogna specializzarsi o rimanere precari per sempre. La Asl avrebbe cercato anche di rimpiazzare i dimissionari, ma non si è trovata molta disponibilità.

I posti letto

Il secondo problema riguarda i posti letto: erano già carenti, ma il distanziamento imposto dal covid ne ha comportato un’ulteriore riduzione del 30 per cento. Il risultato è che i ricoveri sono bloccati e i pazienti che, approdati in Pronto soccorso, non possono essere rimandati a casa, per forza di cose devono restare in Pronto Soccorso. «Al momento - a fornire i numeri è sempre Fracella - ho 27 pazienti nell’area di Osservazione breve intensiva, che ha solo 8 posti letto». Si sceglie il male minore: «Se non li curo - ribadisce Fracella - commetto il reato di omissione di soccorso. Ma se li tengo lì, vicini e stretti l’uno all’altro, potrebbero prendersi il covid e io potrei essere accusato di pandemia colposa».
Il risultato è che, con il personale in servizio - sempre più stressato e disperato - si fa fatica a coprire i turni. «Ci siamo da poco trasferiti al Dea - spiega il primario - ma uno dei nostri medici rimane nel vecchio Pronto Soccorso, dove si curano i pazienti che hanno anche il covid.

Oggi abbiamo spazi più adeguati logisticamente e più attrezzati, abbiamo una bellissima nave da crociera, ma l’equipaggio è rimasto quello di un traghetto. Presto dovremo iniziare a importare medici dall’estero».

I problemi della sanità


La verità è anche che il Pronto soccorso si fa carico di problemi che con l’emergenza-urgenza non hanno molto a che vedere. Se i reparti sono pieni e i ricoveri bloccati, il paziente deve essere gestito con terapia e assistenza: il Pronto Soccorso si trasforma in reparto senza avere il personale formato (né sufficiente) per questo. Mancano gli ospedali di comunità, che potrebbero gestire i pazienti cronici, i quali si riversano in Pronto soccorso. E poi ci sono i cronici tempi lunghi delle liste d’attesa che “costringono” chi deve effettuare un’ecografia, e magari se la vede prenotata per l’anno dopo, a rivolgersi proprio al Pronto soccorso per fare prima.
Tutti problemi ben noti e più volte dibattuti, ma la situazione non è mai stata grave come in questo momento. «Dei tre medici per turno - precisa Fracella - uno si occupa dei covid e gli altri due devono gestire i codici gialli e rossi: tutti pazienti che vanno trattati con rapidità, competenza, precisione. Non possiamo commettere errori, ma sotto stress tutto diventa davvero difficile.

Le richieste alla Asl


Da qui, le richieste alla Asl: «I miei medici sono distrutti, ce ne servono altri a supporto. E poi bisognerebbe da un lato attivare 20 o 30 posti di lungodegenza, dall’altro accelerare le dimissioni, almeno fino all’attivazione degli ospedali di comunità. Così non si potrà andare avanti per molto».

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