Sei mesi per un'ecografia, ma in oncologia i tempi sono ridotti

Sei mesi per un'ecografia, ma in oncologia i tempi sono ridotti
di Vincenzo DAMIANI
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Martedì 22 Ottobre 2019, 12:14 - Ultimo aggiornamento: 12:15
La rete oncologica pugliese (Rop), attivata circa un anno fa, comincia a fornire i primi risultati positivi, la conferma arriva dai tempi di attesa per esami e visite: l'ultimo monitoraggio ufficiale, svolto a livello regionale dal 22 al 26 luglio scorsi, dice che mediamente entro una settimana l'ammalato viene sottoposto alla visita e poi indirizzato, in tempi brevi, nel percorso da seguire. In caso di urgenza, la visita viene eseguita, negli ospedali pubblici, in cinque giorni. Basti pensare che pagando il controllo di tasca propria i giorni di attesa sono, mediamente, sei.
È la notizia positiva che emerge dall'ultima rilevazione sulle liste di attesa, ma il sistema sanitario pubblico resta ancora in affanno, pur mostrando dei segnali di miglioramento. L'impressione che si ha dalla lettura dei dati è che nel settore oncologico, a differenza di altre branche, i buoni risultati ottenuti siano dovuti soprattutto all'attivazione dei Centri di orientamento oncologico (Coro) più che dalla legge contro le liste di attesa approvata lo scorso febbraio.

Cosa sono i Coro? Sono centri di riferimento a cui spetta il compito di informare e accogliere ogni nuovo paziente con una diagnosi o un sospetto di diagnosi di malattia neoplastica e accompagnarlo in tutto il suo percorso di cura, gestendo le problematiche cliniche e amministrative, garantendo e verificando la presa in carico da parte della rete anche sul piano sociale, in costante dialogo con il medico di famiglia e con un team multidisciplinare. Sono 17 i Coro, quattro sono presenti in Salento, 4 tra Brindisi e Taranto, altrettanti nel Foggiano e 5 tra Bari e Bat. Che sia loro il merito dell'abbattimento dei tempi di attesa è un dato che si può dedurre dando uno sguardo a quello che avviene in altri settori: pur essendoci stati dei leggeri progressi rispetto ad aprile scorso, le liste sono ancora lunghe. Qualche esempio: per una prima visita cardiologica un ammalato può dover attendere oltre tre mesi, a pagamento (regime Alpi) in nove giorni; per una mammografia l'attesa va dai due mesi ai 205 giorni, recandosi dal medico in privato nove giorni; per una risonanza all'addome 184 giorni; per una colonscopia 161 giorni (15 a pagamento); 85 giorni per un elettrocardiogramma (7 giorni in regime di Alpi); più di due mesi di attesa per un holter, in appena tre giorni pagando di tasca propria.

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Dove ci sono dei piccoli passi in avanti è nelle visite ed esami identificati con priorità breve, cioè quelli più urgenti e, quindi, non differibili: la legge prevede che dovrebbero essere svolti entro sette giorni dalla richiesta, in Puglia si va ancora molto oltre (anche 74 giorni per una risonanza all'addome oppure 47 giorni per un holter), però rispetto ad aprile i tempi si sono ridotti. Insomma, nonostante ormai la nuova legge per l'abbattimento delle liste di attesa sia entrata in vigore da sei mesi, non ci sono progressi evidenti. Cosa è cambiato con la nuova e discussa norma? Tra i punti più importanti, viene stabilito che il direttore generale dell'Asl, per far fronte alle liste di attesa, possa acquistare le prestazioni (visite ed esami) da operatori accreditati esterni per le branche di riferimento in extra budget, cioè sforando il tetto di spesa previsto ad inizio anno dalla Regione Puglia. Questa è la principale novità rispetto al precedente sistema.

Tra le altre misure di contenimento, la possibilità per le Asl di richiedere, in via eccezionale e temporanea, prestazioni aggiuntive ai propri medici dirigenti (esperienza breve ma fallimentare già sperimentata durante il governo Vendola); l'incremento delle ore di lavoro degli specialisti ambulatoriali interni già in servizio o l'attivazione di nuove ore di specialistica ambulatoriale interna con stipula di rapporti convenzionali a tempo determinato; oppure la possibilità per il paziente di chiedere che l'esame venga effettuato nell'ambito dell'attività libero-professionale intramuraria ponendo a carico dell'Asl il pagamento della prestazione (in realtà questo è già possibile da diversi anni ma in pochi lo sanno).

Le aziende sanitarie dovrebbero, inoltre, pubblicare ogni due mesi sul sito internet le liste di attesa, ma nessuna Asl lo fa ancora. Le prenotazioni, sempre stando alle prescrizioni della legge, devono passare solamente attraverso i Cup ed è previsto pure un sistema di recall per avere la conferma dal paziente della prenotazione. Anche su questi due punti non c'è uniformità sul territorio regionale e in poche adempiono. Infine, i direttori generali che non riusciranno a centrare l'obiettivo della riduzione delle liste di attesa potrebbero anche essere licenziati.
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