Scuola, boom di ricorsi per le bocciature. Richiesti fino a 700mila euro

Scuola, boom di ricorsi per le bocciature. Richiesti fino a 700mila euro
di Pierangelo TEMPESTA
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Sabato 24 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 22:10

Dai banchi di scuola a quelli delle aule di giustizia. Sempre più genitori si rivolgono ai giudici per contestare le bocciature e i voti in pagella dei figli. Un fenomeno in crescita, che vede, per il solo mese di settembre, quasi dieci sentenze emesse dal Tar di Lecce in seguito a giudizi intentati contro le decisioni dei docenti. 

I ricorsi: quasi sempre la spunta la scuola

In tutti i casi, però, a vincere sono le scuole. C’è il caso dei genitori di un alunno di prima superiore che contestano la bocciatura sostenendo che le insufficienze riportate in alcune materie non sono gravi (il voto era 5) e che la valutazione dell’alunno non sarebbe stata supportata da un numero sufficiente di verifiche.

Un altro, riguardante la bocciatura di un alunno di un liceo classico, in cui si contesta che le verifiche non sono state ravvicinate e che, quindi, l’alunno ha dovuto prepararsi su porzioni più ampie del programma. E, ancora, c’è chi lamenta la mancata comunicazione della non ammissione all’esame di Stato e chi, tra le altre cose, contesta «disparità di trattamento nei confronti dell’alunno, valutato in modo meno indulgente rispetto ad altri scolari». E chi nel ricorso ha accusato la scuola della mancanza delle firme del presidente e del segretario verbalizzante sul verbale del consiglio di classe che attesta la bocciatura. 

I risarcimenti

In un caso, è stato chiesto all’istituto scolastico un risarcimento quantificabile tra 100mila e 700mila euro. I giudici amministrativi hanno dato ragione agli istituti scolastici.
L’alto numero di sentenze rispetto al passato, però, sembra essere il sintomo di una maggiore insofferenza da parte dei genitori rispetto alle decisioni dei docenti. «Nella mia scuola - afferma la professoressa Maria Maggio, dirigente dell’Iiss Enrico Mattei di Maglie - non è mai accaduto, nonostante l’istituto sia tra quelli con il più alto numero di bocciati. È molto importante il continuo contatto con le famiglie, per far comprendere che la bocciatura non è una ripicca, ma che si arriva a bocciare solo quando si crede realmente che il bene del ragazzo sia fermarsi per recuperare. In genere le famiglie lo accettano se sono seguite durante l’anno. A livello generale - chiude - manca l’accettazione del giudizio, spesso le famiglie pensano di dover difendere e iperproteggere i figli a tutti i costi. La scuola non è un nemico da cui difendersi e anche una bocciatura può far crescere». 

L'opinione dei presidi 

Per la professoressa Filomena Giannelli, ex dirigente dell’istituto comprensivo di Alliste, «nella scuola si cerca di andare verso la valutazione autentica, che mira al processo e non al prodotto, ma questo atteggiamento spesso non viene compreso dalle famiglie, che si concentrano solo sui voti e non guardano alla crescita funzionale dei loro figli. Bisognerebbe andare verso un nuovo patto, ma il ruolo della scuola dovrebbe essere recuperato innanzitutto a livello politico, con norme che siano più attente al ruolo della scuola, che deve formare cittadini capaci e competenti e non consegnarli alla cittadinanza con valutazioni inadeguate all’impegno e allo sforzo».
Punta molto sull’importanza della comunicazione anche la professoressa Anna Lena Manca, dirigente dell’Iiss “Don Tonino Bello” di Tricase: «Nella mia scuola non si sono verificati casi del genere, probabilmente perché c’è un’attenzione costante alla comunicazione con le famiglie. Credo dipenda molto dal rapporto che si crea tra scuola e famiglia, dagli obiettivi che ci si pone insieme. La bocciatura o il debito dovrebbero essere l’ultima ratio, ma vanno visti anche come un’opportunità. Quando si cammina a fianco alla famiglia e la famiglia cammina a fianco alla scuola con obiettivi condivisi, è difficile che si arrivi a queste situazioni». 

Questione di "disallineamento"

«Le cause intentate dai genitori - è l’opinione del dirigente dell’istituto alberghiero di Santa Cesarea, il professor Paolo Aprile - spesso nascono dal disallineamento tra le percezioni dei genitori delle qualità e dell’impegno dei figli e l’opinione della scuola, che deve giudicare attraverso i consigli di classe. Quando ci sono giudizi insufficienti in 3 o 4 materie, la non ammissione alla classe successiva è assolutamente corretta. E il fatto che i Tar diano ragione alle scuole significa che le pretese sono poco fondate e legate spesso a una percezione molto affettiva e poco oggettiva dell’impegno dei ragazzi. È molto difficile che un ragazzo non superi l’anno. Se succede, significa che le ragioni sono in misura sovrabbondante. La responsabilità - chiude - deve essere condivisa dalle famiglie e dai ragazzi: la scuola deve dare il tempo per maturare, ma anche famiglie e ragazzi devono fare la loro parte».

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