Sciopero avvocati, saltano 54 processi: è rischio caos

Sciopero avvocati, saltano 54 processi: è rischio caos
di Alessandro CELLINI
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Martedì 13 Giugno 2017, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 12:47
Tornano a incrociare le braccia gli avvocati penalisti. È la quinta volta dall’inizio dell’anno, e anche questa volta gli effetti sulle udienze si faranno sentire. Lo sciopero, indetto dall’Unione camere penali, durerà fino a venerdì 16 giugno, e cade nella settimana in cui si deciderà il destino del progetto di legge di modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario: dopo l’approvazione in Senato, il testo approda proprio oggi alla Camera.
Dunque aule semivuote e udienze saltate, ieri, al Tribunale di Lecce. Identici scenari cui si assisterà nei giorni a venire. Complessivamente non si sono celebrati 54 processi, tra prima e seconda sezione penale. In molti casi le udienze sono state rinviate anche di mesi. Non tutti, però, sono saltati: sebbene l’adesione sia stata massiccia, come in occasione delle astensioni precedenti a questa, diversi avvocati hanno preferito lavorare, in alcuni casi su sollecitazione dei propri assistiti. È accaduto soprattutto nei casi che prevedevano la partecipazione di detenuti al processo.
Soddisfatto, in ogni caso, per l’esito della prima giornata di astensione l’avvocato Silvio Verri, presidente della Camera penale di Lecce: «La protesta sta andando bene, mi è sembrato che siano saltati pressoché tutti i processi, tranne quelli che era necessario celebrare. Voglio sottolineare - continua Verri - che questa è la settimana decisiva, perché è previsto il voto della famosa riforma. Attendiamo di conoscere ufficialmente se il Governo porrà o meno la fiducia: in questi giorni sui giornali abbiamo letto notizie contrastanti su questo punto. Da parte nostra, spiace verificare che il dibattito su un tema così delicato come la riforma del processo penale resti coinvolto in questioni di politica interna dei partiti che formano il Governo».
Il problema, spiega Verri, è che arrivati a questo punto non c’è più una vera e propria interlocuzione con l’Esecutivo. Anzi: proprio il principale referente dell’avvocatura, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, sembra essere su posizioni più dure: «A quanto pare Orlando rappresenta la parte politica che più di ogni altra preme per porre la fiducia sul testo di legge, nonostante vi siano, all’interno dello stesso Governo, voci dubbiose. Ma la situazione, dal nostro punto di vista, rimane preoccupante».
 
Ai dubbi sulle ipotesi di riforma del processo penale, si aggiungono quelli relativi ad altri disegni di legge, che nelle ultime settimane hanno occupato le cronache nazionali. Spiega bene la situazione l’avvocato Beniamino Migliucci, presidente dell’Unione camere penali italiane: «Anche con il Ddl di riforma della legittima difesa e con la introduzione del reato di tortura, disattendendo le indicazioni dell’avvocatura e dell’accademia, si sono operati interventi legislativi sulla spinta di evidenti e pericolose pulsioni populistiche, ovvero ispirandosi a criteri del tutto irrazionali che introducono all’interno dell’ordinamento elementi di iniquità e di incertezza interpretativa ed applicativa». Migliucci lamenta una scarsa attenzione riservata dal Governo alle rimostranze dell’avvocatura: «Il Governo non ha ritenuto finora di dare alcun segnale di attenzione, impedendo che sul disegno di legge si sviluppi la necessaria discussione sulle molteplici questioni tuttora controverse, su riforme contrarie non solo agli interessi e ai diritti dei singoli imputati, ma anche alle legittime aspettative delle persone offese e dell’intera collettività». A rischio, secondo l’Unione camere penali, vi sarebbero la ragionevole durata del processo, un depotenziamento dell’accertamento dibattimentale e il mantenimento delle garanzie riservate all’imputato.
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