Corruzione elettorale: «Un posto di lavoro in cambio di quattro voti». A processo il sindaco di Santa Cesarea Terme

Il Tribunale di Lecce
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Martedì 16 Febbraio 2021, 22:06 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 07:27

A processo i sindaco di Santa Cesarea Terme: dovrà difendersi dall’accusa di corruzione elettorale nelle amministrative del 2018. Per Pasquale Bleve, 48 anni, il pubblico ministero della Procura di Lecce, Roberta Licci, ha emesso un decreto di citazione diretta a giudizio: prima udienza il 15 settembre davanti al giudice della seconda sezione penale. Sarà, dunque, il dibattimento in aula a verificare la fondatezza dell’inchiesta nata da un esposto anonimo ed un cd con la registrazione di una telefonata. 

Bleve deve difendersi dall’accusa di avere chiesto il voto per un consigliere di maggioranza della sua lista ad una famiglia della frazione di Vitigliano. Garantendo ed ottenendo in cambio l’assunzione a tempo pieno del figlio di questa famiglia nella impresa di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. Ossia la trasformazione del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato nella Ercav. 

A questa conclusione è arrivata l’inchiesta condotta dalla Procura con i carabinieri della sezione operativa della Compagnia di Maglie. E non ha ottenuto l’obiettivo di dimostrare l’infondatezza della contestazione l’istanza della difesa di sentire quattro testimoni: convocati in Procura, ciò che hanno riferito al magistrato titolare del fascicolo non ha avuto la conseguenza di una richiesta di archiviazione.

Circostanze, confermate da quella persona, da Filippo Rizzo, 58 anni, del posto, indagato in concorso con il primo cittadino. Il processo dovrà spiegare come sia avvenuta quella assunzione e se è vero tutto quanto riportato nel file audio agli atti del fascicolo. Quel file audio arrivato in busta chiusa ai carabinieri ad ottobre 2019. La registrazione del dialogo fra due persone. Una di quelle voci è stata riconosciuta, quella di Filippo Rizzo. L’altra è rimasta ignota. Rizzo sembra sfogarsi con un amico: raccontò di essere stato avvicinato dal sindaco con una telefonata che lo lasciò sorpreso poiché nella precedente legislatura non aveva avuto mai occasione di avere a che fare con lui.

E sarebbe rimasto ancora più sorpreso nel constatare che il suo voto e quello dei componenti della sua famiglia sarebbero stati comunque monitorati: quel consigliere di maggioranza tre voti a Vitigliano li avrebbe già acquisiti, con i loro sarebbero diventati sette. Il sindaco, insomma, si sarebbe fatto bene i conti.

Parlò anche del figlio, Filippo Rizzo, in quel dialogo, per sostenere alla fine di non avere scelta: che figura ci avrebbe fatto se non lo avesse ascoltato? A febbraio dell'anno scorso  arrivò la convocazione dei carabinieri. Prima come persona informata sui fatti, ma nel corso di quell’ascolto Rizzo nel confermare il contenuto della registrazione diventò anche lui concorrente nel reato di corruzione elettorale e per questo fu poi interrogato alla presenza di un difensore. Riferì Rizzo, che anche l’attuale opposizione che allora candidò l’avvocato Maria Corvaglia gli chiese il voto. Il voto e basta. Senza prospettargli vantaggi, benefici o altro. Diverso - ed è questo che dovrà stabilire il prosieguo dell’iter giudiziario di questa inchiesta - sarebbe stato l’approccio di Bleve: «....poi quando facciamo la gara nuova ti prometto, ti garantisco che il ragazzo lo inserisco nell’appalto nuovo», le parole confermate da Rizzo e riportate nell’avviso di conclusione delle indagini. «Lo metto a tempo indeterminato quando facciamo la gara...ma tu devi votare....vedi che devono uscire, sai. Che lì...tre voti tiene e quattro tuoi sono sette».

Quel candidato ottenne cinque preferenze a Vitigliano nella lista “Insieme con responsabilità”, Bleve invece raccolse complessivamente 1.354 voti pari a quasi il 66 per cento delle preferenze. Ora se è vero che la richiesta di quattro voti sia valsa un'assunzione definitiva è questione che dovrà essere accertata nel corso del dibattimento.

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