Si tuffa in mare e trova sul fondale un prezioso reperto archeologico

Si tuffa in mare e trova sul fondale un prezioso reperto archeologico
di Giuseppe TARANTINO
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 21:19 - Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 15:47
Si immerge nelle acque cristalline di Sant’Isidoro e dal fondo riemerge con un prezioso reperto archeologico tardo medievale. Una giovane turista di Bolzano, in vacanza nel Salento,  trova sulla costa neritina un prezioso reperto in ceramica risalente a diversi secoli fa, lo consegna alle autorità e diventa così l’artefice di una scoperta che potrebbe avere interessanti risvolti sul fronte della ricerca e per il patrimonio museale di Nardò. Il reperto è stato datato ed è ora al Museo del Mare Antico.

Nadine La Salvia, ventenne studentessa universitaria, ha intravisto il manufatto sul fondale a circa due metri di profondità, attratta dalle decorazioni in rosso. Lo ha recuperato incuriosita e ha chiesto lumi a un suo ex professore di storia dell’arte, a cui ha inviato alcune foto dello stesso. Il docente ha capito subito che poteva trattarsi di qualcosa di antico e l’ha invitata a contattare la Capitaneria di Porto di Gallipoli, che ha recuperato il reperto e lo ha poi consegnato alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto. Ora si trova presso il laboratorio del Museo del Mare Antico di Nardò per i trattamenti necessari in acqua dolce. L’analisi ha consentito di stabilire che si tratta di un bacino in ceramica invetriata policroma, decorata in stile "Taranto" e risalente a un periodo compreso tra il XIV e il XV secolo. Peraltro, pare trattarsi degli stessi bacini in ceramica “ritratti” in diversi affreschi murari nel chiostro di Sant’Antonio e in cattedrale. Nardò, del resto, è stato, soprattutto nel Seicento, un fiorente centro produttivo di ceramica, grazie alle fornaci e ai maestri locali, i cui manufatti impreziosirono le case degli alti prelati, dei nobili e delle classi agiate, come ha minuziosamente descritto il fenomeno il ricercatore Riccardo Viganò. È probabile che questa abilità artigianale fosse già diffusa in un’età un poco precedente, cioè quella alla quale è stato ricondotto il bacino rinvenuto a Sant’Isidoro. Certamente apprezzabile il comportamento della ragazza, che ha trasformato il bagno nelle acque joniche del Salento in una fortunata e involontaria “esplorazione” nell’archeologia tardo-medievale.
«Devo ringraziare questa giovane turista – dice l’assessore all’Ambiente e ai Musei Mino Natalizio – perché ha dimostrato una sensibilità e un senso di responsabilità davvero apprezzabili. Un comportamento esemplare della cura che tutti dovremmo avere del contesto che ci circonda, che spesso invece “paga” la superficialità con cui lo trattiamo. Ora il bacino, che è stato riconosciuto e datato, potrebbe diventare un pezzo del nostro patrimonio museale e potrebbe anche essere l’occasione per indagare più approfonditamente nella zona del ritrovamento».
 
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