«Salvi per miracolo su quel masso Sotto di noi i corpi sbattuti tra le rocce»

«Salvi per miracolo su quel masso Sotto di noi i corpi sbattuti tra le rocce»
di Enzo SCHIAVANO
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Mercoledì 22 Agosto 2018, 10:30 - Ultimo aggiornamento: 10:32
«Ci siamo salvati per miracolo, a pochi metri dall'uscita, salendo su un masso che era vicino. Da lì abbiamo visto passare i cadaveri trasportati dalla corrente. È stato terribile». È una delle testimonianze più drammatiche della tragedia del Parco del Pollino. Vibra forte la voce di Donato Isernia, di Casarano: era in Calabria con la moglie e i tre figli, insieme con la famiglia di un suo amico (anche lui con moglie e tre figli). Il gruppo è stato sorpreso dalla piena del torrente Raganello a soli 20 metri dall'uscita. La comitiva si era limitata a scattare alcune foto al ponte del Diavolo.
Il racconto di uno dei superstiti della tragedia è drammatico ed emozionante. Si può solo immaginare lo shock e l'orrore che hanno vissuto, in particolare i ragazzi. «Siamo scesi là con la navetta, a pagamento, della società che organizza le escursioni racconta Donato Isernia - non siamo degli sprovveduti. Abbiamo chiesto se era sicuro, visto che si stava avvicinando un temporale, e ci hanno rassicurato che non c'era pericolo. Nessuno ci ha detto che c'era un'allerta meteo e che forse bisognava rinunciare. Siamo scesi, ma ci non siamo addentrati nella gola. Ci siamo fermati al punto dove la navetta scarica gli escursionisti. Siamo rimasti là perché c'era un temporale che si avvicinava. Non è vero che c'era il sole, come ha detto qualcuno. Io ho spiegato al mio gruppo che era meglio rimanere là, per il momento, perché scendere nella gola durante un temporale è pericoloso».
Il gruppo di dieci persone, quindi, si è fermato per quasi un'ora, aspettando l'evoluzione delle condizioni meteo. Solo quando il tempo è migliorato e non c'era minaccia di pioggia ha deciso di scendere nel canyon. «Quando abbiamo visto che il tempo era migliorato siamo scesi giù prosegue il superstite sicuramente la bomba d'acqua si è verificata da un'altra parte, ma dove stavamo noi non sembrava che ci fosse pericolo. Quando scendevamo giù ci hanno raggiunti la guida, che poi è risultata tra le vittime (Antonio De Rasis, ndr), e il gruppo di escursionisti lombardi, anche tra loro ci sono stati dei morti. Per essere sicuro, ho chiesto alla guida se fosse tutto a posto e lui mi ha risposto che non c'era pericolo e che stava andando nel canyon». «Quindi, siamo scesi insieme agli escursionisti lombardi. Poi loro sono andati oltre, mentre il mio gruppo si è fermato dove l'acqua del torrente era alta dieci centimetri. Siamo andati fino al ponte del Diavolo, abbiamo scattato alcune foto e poi ci siamo incamminati per rientrare. Eravamo arrivati a 20 metri dall'uscita quando, a un certo punto, mi sono girato e ho visto arrivare l'onda, improvvisa, veloce. Ci siamo trovati nell'inferno in 3-4 secondi. Ho visto i primi caschetti degli escursionisti del gruppo lombardo; ho visto le prime persone che cercavano di aggrapparsi per evitare di essere trascinati dalla corrente; ho visto i primi corpi inanimati con la faccia in giù».
Il racconto del testimone salentino è drammatico: «Ho avuto solo il tempo di gridare al mio gruppo: Salite! Salite!. Grazie a Dio eravamo vicini a quel masso. Il mio amico e le due bambine piccole erano già su; io ho tirato su mia moglie e sono salito insieme agli altri. Per fortuna c'era copertura per i cellulari e abbiamo chiamato tutti i numeri di emergenza per segnalare la nostra posizione». Su quella roccia i dieci casaranesi, a cui si sono uniti altri due escursionisti, sono rimasti per due lunghe ore. Da quella posizione hanno visto ciò che non avrebbero mai voluto vedere né immaginato. «Sono stati momenti terribili, terribili. Vedere questi corpi che passavano, anche bambini, e che sbattevano sulle rocce. È stato qualcosa di assurdo».
Dopo due ore di attesa sono arrivati i soccorsi che sono riusciti, non senza difficoltà, a portare i 12 superstiti con l'aiuto di corde sull'altra riva del torrente e quindi in salvo. Dopo la disavventura prende corpo la rabbia perché, secondo Donato Isernia, tutto quello che è successo si poteva evitare. «Se c'era un'allerta meteo la navetta non doveva funzionare. Non puoi dire a una persona che va tutto bene con un'allerta meteo in atto. Non funziona così. Non deve andare così. Io, che non sono esperto di montagna, non posso sapere se l'acqua aumenta di dieci centimetri ogni ora o se aumenta di due metri in due secondi. A noi nessuno ha detto che c'era un'emergenza meteo. Che non mi vengano a dire che io sarei l'irresponsabile che si inoltra nel canyon. Abbiamo chiesto a tutti prima di scendere se c'era pericolo, e tutti ci rassicuravano».
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