Non un solo summit, per altro tra due elementi di vertice della Scu salentina. Ma numerosi incontri “clandestini” per fissare regole e stabilire la ripartizione delle competenze. Soprattutto per discutere di droga, dei rapporti con gli altri gruppi e con la ‘ndrangheta che gestisce il mercato della cocaina. Rapporti di affari, ma anche di amicizia, considerati alcuni inviti "eccellenti" ai matrimoni.
Le riunioni per definire gli "asset"
La strategia di inabissamento della Sacra corona unita si è manifestata a parere degli inquirenti in maniera innovativa in tempi recenti. E lo si evincerebbe anche dal quantitativo di “riunioni” volte «a definire - sostengono - i programmi criminosi o dirimere eventuali contrasti tra sodali o tra gruppi o comunque nella permanente e specifica “messa a disposizione” dell’organizzazione».
È quanto emerge dall’enorme mole di elementi raccolti nell’inchiesta del pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero, che ha portato il 15 maggio scorso all’esecuzione da parte dei carabinieri del Ros di 16 arresti.
Gli accordi con il "clan" Briganti per la droga
Uno in particolare con esponenti del clan Briganti per discutere di droga: «Ehi mi sono scannato con quelli, io que... questa qua l’ho presa da un’altra parte perché mi hanno rotto i c...i due carichi tutti e due fiacchi, io bello mio non è che neanche ...». Poi sempre in tema di sostanze stupefacenti un focus degli inquirenti ha riguardato il rapporto con la cosca ‘ndranghetista Mammoliti di San Luca (in provincia di Reggio Calabria). Rapporto “risalente”, sostiene la Procura antimafia.
La 'ndrangheta e gli invitati al matrimonio di Politi
Quello calabrese - sostiene la pm Ruggiero - continuava a essere il canale privilegiato di rifornimento della cocaina del clan Politi. Si parla anche di un matrimonio, quello tra Saulle Politi e la moglie a cui sarebbero stati invitati esponenti della ‘ndrina calabrese dei Mammoliti.
Se ne parla in un altro “summit” del luglio 2020, sempre in casa di Tarantino. Presente Giovanni Parlangeli, per la Dda un referente del clan Padovano di Gallipoli.
«No, quelli, stiamo tutta una cosa». Per quanto si dovessero mantenere competenze differenziate: «Comunque sono sempre del parere, dimmi quello che vuoi, loro a casa loro, noi a casa nostra».
Emerge l’opinione sulla ‘ndrangheta: «Allora - dice Parlangeli - se tu vuoi... si tu sei valido qua ma se vuoi che ti riconoscano in Italia e in tutte le parti del mondo devi passare da là», a far intendere, sottolinea la pm, come vi fosse una certa consapevolezza dell’inferiorità della Scu rispetto alla malavita calabresi: «rappresentava - è spiegato - che il livello criminale raggiunto dalle cosche calabresi non era minimamente paragonabile alle più ridotte potenzialità criminali dell’organizzazione salentina e che comunque, qualsiasi ipotetico salto di qualità della Sacra Corona Unita avrebbe dovuto necessariamente essere avallato dalla ‘Ndrangheta.
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