Salento, pediatra accusato di truffa aggravata: «Permessi sindacali per lavorare altrove»

La Asl si è costituita parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia. Il dibattimento inizierà a dicembre

Salento, pediatra accusa di truffa aggravata: «Permessi sindacali per lavorare altrove»
Salento, pediatra accusa di truffa aggravata: «Permessi sindacali per lavorare altrove»
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Giovedì 25 Maggio 2023, 20:09 - Ultimo aggiornamento: 23:26

A processo un pediatra di Melendugno in Salento con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato per retribuzioni e permessi sindacali per 11mila euro di cui - si sostiene - non avrebbe avuto diritto. E che avrebbe usato per lavorare altrove, nel Nord Italia. 
Il gup di Lecce, Giulia Proto ha disposto il rinvio a giudizio di un professionista, Giuseppe Mele, difeso dagli avvocati Giuseppe Corleto e Pietro Nicolardi. La Asl si è costituita parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia. Il dibattimento inizierà a dicembre. 

Le accuse

Nel dettaglio, stando alle imputazioni, il medico, agendo in qualità di pediatra in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. si sarebbe creato un ingiusto profitto con pari danno alla Asl derivante dalla retribuzione delle ore di permesso sindacale per complessivi 11 mila euro. All’origine, vi sarebbero stati artifizi e raggiri, secondo le contestazioni mosse dal pm Massimiliano Carducci), consistiti in false attestazioni di aver fruito della sostituzione di un altro medico per un totale di 900 ore di permesso, «ben oltre - è precisato nel capo di imputazione - il numero massimo di ore autorizzate dalla Regione Puglia (340 ore per il 2018 e 320 ore per il 2019)». 
Avrebbe invece prestato servizio presso una società cooperativa di Domodossola, presso diversi presidi ospedalieri del Nord Italia. A corredo, quindi, ci sono anche accuse di falso ideologico. I fatti, che sono stati oggetto di indagini da parte dei militari del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Lecce risalgono a un periodo compreso tra il 2018 e il 2019. 

Gli investigatori hanno effettuato riscontri sulla documentazione, dopo aver acquisito tutto il materiale che hanno ritenuto utile alle indagini. Hanno comparato le richieste di permesso con altro genere di documenti di cui sono venuti in possesso. Per giungere alla conclusione che il numero di permessi sindacali richiesto fosse “elevato”. Non solo, che in taluni casi il professionista non ne avesse alcun diritto, trovandosi invece altrove per effettuare altro genere di prestazioni sanitarie. 
Tutto da verificare, nel corso di un processo con rito ordinario, la via scelta dall’imputato che sin dal principio si è professato estraneo alle ipotesi d’accusa, ritenendo di aver agito correttamente e di non aver mai intascato nulla indebitamente.

L’Azienda sanitaria locale, come accade di solito, ha deciso di costituirsi parte civile e chiedere la restituzione delle somme che la procura valuta indebitamente percepite, oltre all’eventuale danno subito.

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