Salento, nasce il figlio ed evade per andare a trovarlo: assolto

Il Tribunale di Lecce
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Giovedì 3 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 09:54

Nasce il bimbo e lui lascia gli arresti domiciliari per raggiungere l'ospedale, viene denunciato, finisce sotto processo ed infine ottiene l’assoluzione. «Fatto non costituisce reato», ha stabilito il giudice della prima sezione penale del Tribunale di Lecce, Stefano Sernia, in merito all’accusa di evasione contestata ad un ragazzo di 26 anni. Amore di padre sì, ma anche la necessità di dovere riconoscere il bimbo in quanto genitore non coniugato.

Della banda dei ladri seriali

La storia è quella finita nei fascicoli dei carabinieri della stazione di Taviano, il 20 aprile di due anni fa quando l’imputato si trovava recluso a casa perché coinvolto nell’inchiesta denominata Alibabà con due arresti in carcere, tre ai domiciliari e nove altre persone indagate senza essere sottoposte ad alcuna misura cautelare. Associazione a delinquere finalizzata ai furti, alla ricettazione e alle estorsioni, l’accusa contestata in merito a circa 250 colpi consumati fra la fine del 2015 ed i primi mesi del 2016. Sottoposto anche lui all’obbligo di non mettere piede fuori casa, quel 20 aprile 2020 questo ragazzo ricevete la telefonata della compagna dall’ospedale Sacro Cuore di Gesù di Gallipoli: «Scappa, sei diventato padre».

La telefonata al maresciallo

Tra l’emozione della notizia, la voglia di fare presto per toccare con mano il miracolo della vita e anche di stare vicino alla donna che lo aveva reso padre e sola in reparto per via delle restrizioni imposte dalla pandemia, non si comportò comunque impulsivamente. Prima di lasciare casa prese il telefono e chiamò un maresciallo dei carabinieri per metterlo al corrente della necessità di dover raggiungere l’ospedale per vedere sì il suo bimbo appena nato ma anche per il disbrigo delle pratiche burocratiche.
In aula quel carabiniere ha confermato tutto, ha detto che è vero che l’imputato lo chiamò per informarlo che stesse lasciando gli arresti domiciliari il tempo necessario per fare un salto in ospedale.

In ospedale: «Facciamo in fretta»

E che avesse fretta, il giovane neo padre lo disse a chiare lettere ai medici quando arrivò in ospedale: «Facciamo presto con le pratiche, devo rientrare a casa perché sono agli arresti domiciliari».

Questa affermazione non cadde nel vuoto ma venne colta da chi sentì di dovere informare i carabinieri della presenza in ospedale di una persona sottoposta all’obbligo di stare reclusa a casa. La telefonata alla centrale operativa fece sì che dopo qualche minuto una pattuglia si presentò a casa dell’imputato, non lo trovò e lo denunciò in quanto agli atti non risultava alcuna autorizzazione. Autorizzato verbalmente ad uscire, non poteva essere consapevole di commettere un reato, la tesi della difesa. 

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