Salento devastato dagli incendi, rimboschire? «Impossibile, bisogna attendere 5 anni». Cosa prevede la legge

Salento devastato dagli incendi, rimboschire? «Impossibile, bisogna attendere 5 anni». Cosa prevede la legge
di Elio PAIANO
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Giovedì 19 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:12

Una parte di Alimini è andata a fuoco: è bruciata una pineta con macchia mediterranea estesa per oltre 25 ettari. Lo stesso a Porto Badisco, dove l’incendio ha raggiunto anche Santa Cesarea, per cui sono bruciati quasi 50 ettari tra macchia mediterranea, la preziosissima gariga e la pineta. Ma pare proprio che Otranto e tutto il Salento siano “costretti” a tenersi questo disastro ambientale prima di poter accedere ai fondi pubblici per la rigenerazione dell’area.

Le cause dello stop


Il Comune di Otranto, dopo i due importanti roghi, si è subito mosso per capire come intervenire, a partire dal reimpianto, ma ciò non è possibile - come si diceva - perché, per legge, non si possono utilizzare fondi pubblici per il rimboschimento prima dei cinque anni. Lo spiega chiaramente il vicesindaco di Otranto Michele Tenore, agronomo. «Purtroppo l’articolo 10 della legge 253 del 2000 parla chiaro: per 5 anni non possiamo fare un rimboschimento con soldi pubblici. La logica della legge è anche chiara, evita speculazioni, cerca di disinnescare un meccanismo attraverso il quale si potrebbero provocare incendi, magari anche per incuria, per poi chiedere i fondi pubblici.

Ora, tuttavia - continua Tenore - abbiamo il problema di riqualificare l’area che è un Sic ed una zona di pregio. Per questo motivo faremo un’azione diversa, stipulando un protocollo con Arif per la bonifica e manutenzione costante e continua dell’area. In questo modo, una volta che la natura si sarà ripresa, tutto sarà pronto per il rimboschimento, avremo una zona già adeguata al nuovo programma di ingegneria ambientale. Questo vale, ovviamente, essendo una legge nazionale, per tutto il territorio».

I danni


Insomma, gli incendi non solo hanno devastato il territorio, ma non è neanche possibile intervenire subito, ciò amplificherà il danno. Lo spiega anche Cristina Rugge, tecnico Forestale. «La legge è chiara, ma nessuno calcola i tempi della natura. Consideriamo Badisco, ad esempio, perché si riformi la gariga occorrono 25 anni, alla fine di questo processo naturale, occorreranno altri anni affinché la fauna ritorni e l’ambiente si riprenda: è un vero disastro ambientale». 
Rugge spiega che molti problemi derivano proprio dalla farraginosità delle procedure e dai mutamenti derivanti dalla riorganizzazione delle competenze degli enti preposti. «Dopo il referendum che faceva parte del pacchetto proposto da Renzi, è servita una riorganizzazione della lotta agli incendi. Il cambio ha provocato la mancanza di competenze specifiche e di mezzi adeguati. Oggi manca il controllo degli incendi boschivi, i mezzi sono obsoleti. Per fare un esempio concreto, fino a che ad Alimini i forestali non hanno imposto il coordinamento da terra e dal cielo, il problema non si è risolto. Serve un nuovo piano antincendio, a mio avviso, una legge ad hoc anche per i Vigili del fuoco perché bisogna professionalizzare anche i pompieri stagionali. A questo aggiungiamoci gli oliveti abbandonati, il clima che cambia e tutto il resto. Inoltre -conclude Cristina Rugge - la legge forestale regionale, rende lunghe e farraginose le operazioni di messa in sicurezza delle aree di transizione tra le zone antropiche e quelle boschive. I vari vincoli vanno semplificati, ci sono procedure lunghissime, tra vincolo forestale e paesaggistico l’intervento per i viali parafuoco non si riesce a fare. Andrebbe semplificata la procedura di prevenzione con operazioni tecniche di silvicoltura ed interventi idonei nelle aree di interfaccia. Sempre per restare ad Alimini, qui gli alberi hanno superato la linea parafuoco, quindi se cadono il fuoco passa da un lato all’altro». 

L'altro allarme


Ma Antonio Longo, agronomo, lancia un ulteriore allarme. «Il dubbio resta anche sulla bonifica del sito percorso da incendio. Una operazione essenziale che, secondo le buone pratiche, va fatta subito: togliere il materiale bruciato, fare la tramarratura (ripulitura delle vecchie ceppaie) nei querceti, etc. In questo caso gli interventi vanno fatti subito e non dopo cinque anni. Occorre la messa in sicurezza, la bonifica per evitare situazioni di pericolo. L’area non può essere, comunque abbandonata senza bonifica. Fatto questo la natura ci aiuta perché, ad esempio, in conseguenza dell’incendio, i semi dispersi, in due tre anni rinascono: le pigne si sono aperte col fuoco e quindi hanno effettuato una inseminazione e rinasceranno con le prime piogge. Certo, se riprende il fuoco, il pino giovane non ha frutti e la pineta scompare. Mi resta il dubbio, su tale previsione di legge, per gli oliveti. Se uno colposamente non ha pulito, non ha attuato le buone pratiche agricole e questi prendono fuoco, potrebbe chiedere comunque il contributo pubblico. Questa è una grande contraddizione da risolvere». 
Insomma, le superfici naturali non solo subiscono i danni maggiori, ma ci sono dubbi e problemi sia per la loro salvaguardia che per il loro reimpianto. Occorre, dunque, un’opera chiarificatrice in tal senso da parte degli enti sovraordinati come Regione e Ministero, altrimenti il Salento rischia di diventare un deserto in pochi, pochissimi anni.

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