Salento, il caso dei villaggi turistici che andranno a bando (ma soltanto per metà)

Il caso dei villaggi turistici che andranno a bando (ma soltanto per metà)
Il caso dei villaggi turistici che andranno a bando (ma soltanto per metà)
di Elio PAIANO
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Lunedì 15 Novembre 2021, 10:36 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 18:21

Non solo i lidi, e non solo i porti, ma anche ristoranti, chioschi e in parte anche i villaggi turistici che sorgono lungo la costa. Tutti dovranno andare a bando. Con la sentenza del Consiglio di Stato, dello scorso martedì, c'è tempo fino al 2023 per dare il via alle gare di assegnazione delle concessioni demaniali. Tale lasso di tempo serve solo per il monitoraggio delle concessioni per poi dare il via libera a gare ad evidenza pubblica.
Una vera rivoluzione, anche se l'attenzione è stata concentrata soprattutto sulle attività balneari, sui gestori dei lidi, sulle spiagge. In realtà la portata della sentenza è molto più ampia e coinvolge tutta una serie di attività economiche. Tutto questo nelle località turistiche dà origine ad un vero e proprio rimescolamento di cui è difficile comprendere la portata.

Il caso 

Ad Otranto e Gallipoli, infatti, (solo per citare gli esempi più eclatanti), oltre ai lidi, occorre concentrarsi su di una lunga serie di strutture che costituiscono la dorsale dell'offerta turistica. Partendo dal porto e dalla portualità turistica che andrà a bando ovunque, compresi i pontili comunali di Otranto sui quali si è già pronunciato ad hoc il Consiglio di Stato. Lo stesso Luciano Cariddi, già sindaco di Otranto per due mandati ed esperto della Pubblica Amministrazione, conferma che ci sono altre tipologie di attività trascurate dall'attenzione generale, tutta concentrata sui lidi balneari.
«Anche nell'ambito delle concessioni demaniali balneari occorre valutare le caratteristiche e le tipologie - spiega Cariddi -, penso ad esempio alle innumerevoli strutture di villaggi ed hotel che si affacciano sulla costa: hanno innumerevoli servizi su suolo demaniale, non solo le spiagge.

A questo punto loro avranno una diminuzione dei servizi e non sappiamo come potranno continuare a darli, come potrà evolvere la situazione, visto che intere strutture ricettive si basano su questa tipologia di offerta». In effetti un villaggio turistico che non può offrire l'ombrellone ai suoi clienti di certo perde molto della sua attrattività.

All'orizzonte, quindi, una vera rivoluzione. E questa volta innescare lunghi contenziosi - e sperare di essere salvati dal giudice - servirà a ben poco: se entro il 2024 non verranno fatte le gare e le concessioni non verranno assegnate, torneranno al Demanio. Posti storici del Salento, come il ristorante Marechiaro o lido San Giovanni a Gallipoli, il Miramare e il Maestrale ad Otranto dovranno andare a gara. Lo stesso discorso vale per i circoli, come quelli della Lega Navale di Gallipoli, Otranto e Leuca. Insomma, strutture importanti e costruite in muratura che sono lì da oltre 50 anni dovranno essere oggetto di bando pubblico. Ma il caso più particolare ed emblematico, come si diceva, è quello dei villaggi turistici. Strutture nate per vendere prima il posto al mare e poi quello letto, il più delle volte i villaggi turistici hanno metà dei loro servizi (e quindi della loro offerta) costruita sul demanio. Gli esempi in provincia di Lecce non mancano: da Otranto a Ugento. Tirati su tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso, i villaggi turistici, infatti, utilizzano concessioni demaniali dove ci sono non solo le spiagge, ma anche ristoranti, bar, gazebi, scuole di vela, di surf e tante altre attività. Insomma, all'interno di queste strutture all inclusive, proprio la parte in mare potrebbe finire - dopo 30, 40 a volte 50 anni - ad un gestore diverso.

I timori sono tanti ma anche gli interrogativi, soprattutto legati ai nuovi bandi. «Innanzitutto serve una legge per procedere ai rinnovi - continua Cariddi -. Poi, magari, si potrebbe pensare ad un meccanismo già utilizzato nel Codice degli appalti. Io penso ad un diritto di prelazione legato al project financing, faccio un esempio: se in una gara uno propone un'offerta migliore, chi già detiene il bene potrebbe adeguarsi ai migliori servizi ed all'offerta più alta invece di andare via. Questo strumento utilizzato normalmente nelle procedure di concessioni di servizi, si potrebbe estendere garantendo, nello stesso tempo, il principio di concorrenza. Comunque bisogna legiferare, inevitabilmente, come dice il Consiglio di Stato. Le proroghe sono finite. Da ex amministratore di una città con tante concessioni, ritengo, però, che bisognerà rivedere tutta la suddivisione dei canoni. I Comuni, incassando solo il 7%, non hanno le risorse per le procedure di gara e per i successivi controlli. Il canone va dato per intero ai comuni. Anche questo deve entrare nella legge».
 

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