Salento, culle sempre più vuote: in un anno 232 bimbi in meno. In otto anni, nascite ridotte del 27%

Salento, culle sempre più vuote: in un anno 232 bimbi in meno. In otto anni, nascite ridotte del 27%
di Maddalena MONGIò
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Lunedì 12 Aprile 2021, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 12:28

Culle sempre più vuote: meno 5 per cento in un anno, meno 27 per cento in otto anni. Queste le percentuali da brivido sul calo delle nascite nel Salento. Nel 2020 sono nati 4.832 bimbi (2.533 maschietti e 2.299 bimbe), nel 2019 hanno visto la luce in 5.064 (2.679 fiocchi azzurri e 2.385 rosa): in provincia di Lecce sono 232 bimbi in meno con una differenza percentuale del 5 per cento che conferma un trend ormai consolidato e che non accenna a diminuire. Abbattuta, dunque, la soglia dei 5.000 nati. Solo due anni fa, nel 2018, erano nati 5.346 bimbi. Ma se andiamo al dato del 2012 - quando i nati erano stati 6.572 - la contrazione è di 1.740 nascite: un raffronto, quello con il 2020, che vale un meno 26 per cento.

Il monitoraggio Istat


È il calo costante monitorato dall'Istat con gli ultimi dati su base provinciale e che si allineano con quelli, più in generale, del Paese. Una tendenza, almeno teoricamente, compensata dalle nascite dai bimbi stranieri. A fronte dei 232 nati in meno negli ultimi 12 mesi, l'ultimo dato disponibile (2019) segna 246 nascite da madre straniera. Un numero in lieve aumento: nel 2012 erano state registrate 240 nascite di bimbi stranieri.
Ovviamente, come dicono da sempre gli esperti, molti di questi bimbi stranieri, una volta cresciuti o diventati adulti, è probabile che vadano a vivere altrove: l'effetto compensazione, spesso, incide solo teoricamente dal punto di vista demografico.

Le politiche per la famiglia


Urgono, quindi, politiche per la famiglia capaci di invertire la rotta, ma sono state e sono troppo timide e per di più azzoppate dalla crisi determinata dal Covid-19. L'andamento delle nascite ha conosciuto vari momenti di decrescita legati alle crisi vissute dal Paese. L'Istat ricorda il calo tra il 1947 e il 1951 e nel post baby boom di metà anni '60 che si è protratto sino al 1974. In mezzo il secondo Dopoguerra e l'impegno sempre più importante della donna nel mercato del lavoro (sia pur ancora lontano dalla piena occupazione) non accompagnato dall'apertura di asili e da una condivisione del lavoro domestico con il partner.
«Va poi ricordato come, con toni ancor più marcati, un vero e proprio crollo della natalità si sia manifestato nel successivo ventennio (1975-1995) - si legge in uno studio dell'Istat a proposito degli effetti del Covid sulla denatalità allorché dagli 886mila nati annui del 1974 si è scesi vertiginosamente a 628mila in soli sette anni, per poi proseguire, seppur con più gradualità, sino alla soglia minima di 526 mila nascite nel 1995».
Sta di fatto che nel Salento (come in buona parte d'Italia) dal 2012 il dato delle nascite annue è sempre nel segno del meno.

I primi dieci anni del nuovo secolo vedono una natalità in lieve decremento fino a quando la pesante crisi economica mondiale deflagrata nel 2008 ha penalizzato i giovani che hanno incontrato difficoltà crescenti nel mettere in cantiere una famiglia. E come se non bastasse è arrivato il Covid con il suo bagaglio di drammatiche conseguenze a partire innanzitutto da quelle di carattere sanitario che stanno determinando modifiche importanti «all'organizzazione sociale e familiare nel cui ambito - scrive l'Istat nell'ultimo rapporto - le stesse relazioni della vita di coppia e le scelte nella sfera affettiva e riproduttiva finiscono col risultare fortemente esposte al cambiamento. Che ne sarà dunque della natalità nel prossimo futuro? Non vi è dubbio che scenari a tinte fosche saranno quasi certamente destinati a fare da sfondo alla sempre più impegnativa scelta se fare, o meno, un (o un altro) figlio. Scelta che inevitabilmente andrà maturando entro un clima di incertezza e di difficoltà, economiche e non solo, sulla cui durata non è ancora dato sapere per quanto tempo questo avverrà».

Un futuro con i capelli bianchi


Ma il futuro legato alla denatalità è già qui, con i chiari effetti di un Salento in cui imperano i capelli bianchi visto che il ricambio generazionale non premia i giovani: 5.064 i nati nel 2019 a fronte di 8.235 morti. In provincia di Lecce muore il 39 per cento di persone in più rispetto ai nuovi nati. Il dato salentino è tanto più rilevante se confrontato con il saldo nati-morti dell'Italia meridionale pari al 26 per cento. In pratica uno stacco di ben 13 punti percentuali che ci raccontano un Salento sempre più vecchio. D'altra parte, solo in Italia centrale c'è una percentuale dei morti così alta rispetto ai nati: 40 per cento. Per il resto, la differenza nati-morti vede percentuali più basse: Italia 34 per cento, Italia insulare 32 per cento, Italia Nord-Orientale 34 per cento, Italia Nord-Occidentale 38 per cento.

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