Salento, commerciante condannato per mascherine taroccate

Salento, commerciante condannato per mascherine taroccate
di Cinzia FERILLI
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Lunedì 24 Gennaio 2022, 21:16 - Ultimo aggiornamento: 21:19

Migliaia di mascherine FFP2 contraffatte, corredate da certificato di conformità falso, importate dalla Cina e destinate alla vendita, pubblicizzata anche tramite i social network. Il giudice della prima sezione penale del Tribunale di Lecce, Francesca Mariano, ha condannato A.C., 50enne originario della Svizzera, ad una pena di due anni e sei mesi di reclusione per il reato di frode nell’esercizio del commercio.

La storia

L’imputato era stato rinviato a giudizio nel maggio 2020 insieme a V.A.M., 49enne di Galatina, titolare di un locale di Soleto, per cui il 50enne rivestiva il ruolo di intermediario di vendita. I guai erano iniziati per entrambi in seguito ad una perquisizione effettuata dai militari della guardia di finanza della tenenza di Tricase nei locali di Surano e di Soleto.

Durante il controllo erano state intercettate e sequestrate migliaia di mascherine contraffatte, alcune nel deposito del locale di V.A.M. e altre trovate in possesso del suo intermediario.

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In totale oltre 14mila dispositivi di protezione individuale marchiati FFP2, aventi un marchio CE non regolare poiché rilasciato da un organismo londinese non autorizzato alla marcatura, di cui non riportavano neanche il numero identificativo. Anche il certificato di conformità che accompagnava le mascherine, all’esito dei controlli delle fiamme gialle, è risultato falso. I dispositivi, alcuni dei quali già venduti ad una cifra di 3,30 euro ciascuno (iva inclusa), immessi sul mercato avrebbero portato ad un guadagno di circa 45mila euro, a scapito della salute pubblica, messa in pericolo dall’uso di mascherine non sicure e insufficienti a tutelare i fruitori dal contagio.

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Entrambi rinviati a giudizio, i due imputati si sono presentati ieri al cospetto del giudice con i rispettivi difensori, gli avvocati Federico Martella, Dario Malinconico, Domenico Mastrolia e Roberto Rella, che hanno sostenuto la loro innocenza imputando quanto accaduto al fatto che i due siano stati vittime di una truffa. Il giudice, però, ha respinto la tesi difensiva, e, a fronte di una richiesta avanzata dal pm di una condanna a sei mesi, ha inflitto ad A.C. una pena di due anni e sei mesi di reclusione. Diverso il destino per V.A.M., per cui era stata invocata la messa alla prova. Oltre al rigetto di quest’ultima, gli atti relativi alla sua posizione sono stati restituiti alla Procura.

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