«Protesi in cambio di bustarelle»: nei guai altri 3 rappresentanti

«Protesi in cambio di bustarelle»: nei guai altri 3 rappresentanti
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Giovedì 11 Giugno 2020, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 19:12
Una sistema collaudato di mazzette e regali in cambio di prescrizioni della Asl per l'erogazione di protesi mediche. Indagano su questa ipotesi la Procura di Lecce e la Guardia di finanza dopo i due arresti di lunedì e le perquisizioni contestuali degli indagati senza vincoli sulla libertà personale: almeno due altri rappresentanti di aziende produttrici di dispositivi medici sarebbero scesi a patti con la responsabile amministrativa dell'ufficio assistenza protesica della Asl di Lecce. Ossia con Carmen Genovasi, 46 anni, di San Pietro in Lama, finita in carcere insieme con Giuseppe Bruno, 57 anni, di Galatina, rappresentante di una azienda di protesi. Lei con una busta con 850 euro in banconote da 50, lui con due prescrizioni a favore della società di tecnologie ortopediche di cui è dipendente.

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Sei in tutto le persone coinvolte nella discovery di questa inchiesta resasi necessaria una volta avuta la certezza che negli uffici della Genovasi si sarebbe potuta consumare una corruzione. Sei +altri, dice il decreto di perquisizione a firma del pubblico ministero Roberta Licci, del pool reati contro la pubblica amministrazione. Il che lascia intendere il coinvolgimento di altre figure. E non solo dei rappresentanti delle aziende di protesi.
Fra questi, e con un ruolo non ufficiale, compare anche il nome di Fabio Campobasso, 52 anni, di Lecce, ex consigliere comunale del centro destra: gli viene contestato di avere affiancato la moglie Monica Franchini, 49 anni, di Lecce (indagata anche lei), dipendente in nero di un'azienda non ancora individuata. Affiancata nelle visite nell'ufficio della Genovasi per la consegna delle mazzette ed il ritiro delle prescrizioni delle protesi, il fronte su cui indaga l'accusa. Una ipotesi, visto che se gli inquirenti ne avessero avuto certezza avrebbero rotto gli indugi come hanno fatto nel primo pomeriggio di lunedì con la Genovasi e Bruno.
Sospetti, dunque. Certezze no. Stesso discorso per Pietro Bonetti, 71 anni, di Lecce, legale rappresentante di una società di dispositivi per implementare l'udito. Infine nel decreto che indica i primi indagati c'è anche il marito della funzionaria della Asl: Giovanni Rodia, 46 anni, di San Pietro in Lama.
Quel sistema avrebbe previsto - siamo sempre solo sul fronte dell'accusa - che la Genovasi avrebbe ricevuto nel suo ufficio i rappresentanti e con loro avrebbe preparato le pratiche delle protesi assegnando le forniture alle rispettive aziende. Violando il codice degli appalti, la legge regionale del 2010 ed il decreto di gennaio 2017 del presidente del consiglio dei ministri. Indirizzando così, in altre parole, anche la scelta del paziente.
Per questo tutti gli indagati rispondono in concorso di corruzione continuata per atto contrario ai doveri d'ufficio. E in questo capo di accusa la Procura indica una data: fino al 29 aprile del 2020, fatto salvo il blitz di lunedì. Una indicazione che lascia intendere un monitoraggio preciso ed attento su cosa sarebbe accaduto in quell'ufficio della Asl. Come se gli inquirenti avessero ben chiaro cosa sia accaduto e quando.
Infine ci sono ancora altre contestazioni: corruzione, falsa attestazione e falso in atto pubblico in concorso, nonché falso ideologico continuato.
Da queste accuse la Genovasi e Bruno potranno difendersi a parti da oggi, nell'interrogatorio di convalida degli arresti in flagranza, con il giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo. Sono difesi dagli avvocati Simona Ciardo e Carlo Caracuta.
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