Processo case popolari a Lecce, parla Monosi: «Io, minacciato con un coltello»

Attilio Monosi
Attilio Monosi
di Roberta GRASSI
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Martedì 10 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 04:42

«Sono stato minacciato con un coltello, un coltello a scatto davanti al Comune in quei periodi». L’ex assessore alle Politiche abitative, Attilio Monosi, finito insieme ad altri al centro di una inchiesta e di un processo su presunte ipotesi di corruzione elettorale, la cui merce di scambio sarebbe stata la gestione delle case popolari, ha continuato ieri a parlare a lungo nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola. Esame e controesame dell’imputato iniziato attorno a mezzogiorno e terminato alle 17.30. Cinque ore e mezzo che seguono alla prima sessione, prenatalizia, che pure era durata a lungo. Si riprenderà il 30 gennaio prossimo con le altre domande della difesa (sostenuta dagli avvocati Luigi Covella e Riccardo Giannuzzi). 

La prima domanda

La prima domanda del pm, Massimiliano Carducci, è stata secca. Ha chiesto il motivo di una telefonata fatta da Monosi a Roberto Marti, parlamentare del centrodestra allora come ora, per rappresentargli il rischio di “rivolte” e “disordini” sull’assegnazione delle case. 
«Erano momenti di esasperazione e minacce, si paventava il rischio che il Comune venisse occupato - ha spiegato Monosi - e chi fa politica non ha piacere che accadano tali episodi che poi vengono strumentalizzati dalle opposizioni. Mi fu mostrato un coltello a scatto da Monica Durante, una volta, davanti alla sede comunale di piazza Partigiani». Lo sfondo, a quanto pare, sarebbe stata l’assegnazione delle case di via Potenza. 
Il pm ha chiesto se avesse mai sporto denuncia: «No - ha risposto Monosi - non ho ritenuto di farlo, chiunque fra i politici ha ricevuto minacce, in quel periodo si subivano tanti atti di questo stesso genere». 
E poi la precisazione: «Marti - ha aggiunto l’ex assessore - mi aveva chiesto come stesse andando.

Molte persone lo vedevano come un punto di riferimento. E molti chiamavano Marti». Dunque, la pubblica accusa è tornata sul punto: «Perché lei, sente l’esigenza di chiamare Marti?». 

Le ragioni della telefonata

«Io lo chiamo - ha spiegato quindi Monosi - perché con il suo rapporto, che non era il mio, in quanto io mi ritrovavo per caso ad essere assessore alle Politiche abitative, avrebbe potuto calmare gli animi. Io non avevo appeal con queste persone. Marti avrebbe potuto aiutare, considerato che gli utenti minacciavano disordini e che anche lui era interessato all’equilibrio politico». Poi ancora, andando avanti e su altre questioni: «Quando ci sono interlocutori di quel tipo, bisogna trovare una soluzione per disinnescare. Ho potuto usare terminologie improprie, ma il fine era solo quello di calmare gli animi». Non ha negato, tuttavia, Monosi, di avere avuto l’ambizione di candidarsi a sindaco: «Volevo essere il candidato sindaco, avevo bisogno in quei momenti, di trovare punti di forza. Il partito ti candida non perché tu esprimi la volontà di farlo. E quindi volevo fare bella figura». 

La lista broadcast

Da qui le spiegazioni sui messaggini, ricevuti anche da alcuni “utenti” delle case popolari in una occasione elettorale che riguardava Erio Congedo: «I broadcast - ha specificato il politico, nella veste di imputato - non li ha inventati whatsapp. Mandai quei messaggi a tutta la mia lista di contatti, che contava 2.500 numeri. E si potevano mandare con un solo clic». Poi un cenno agli indirizzi dell’amministrazione sul tema sfratti: «Nel gennaio 2012, fu il sindaco Paolo Perrone a scrivere al commissario Iacp di sospendere gli sgomberi per via delle problematiche abitative. Era la volontà politica dell’intera amministrazione». Quanto alle bollette pagate ad alcuni inquilini, si parla di gesti di «sensibilità» motivati dalle condizioni disperate in cui versavano. Quindi, punto per punto, la disamina delle prime nove imputazioni mentre per le altre si proseguirà il 30 gennaio prossimo, sempre dinanzi al collegio giudicante presieduto da Pietro Baffa (a latere Valeria Fedele e Roberta Maggio). 

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