La presidente greca in visita nella Grecìa Salentina: la cerimonia

La presidente greca in visita nella Grecìa Salentina: la cerimonia
di Vincenzo MARUCCIO
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Sabato 9 Aprile 2022, 10:51 - Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 09:52

La presidente greca Katerina Sakellaropoulou in visita nel Salento, giunta nella culla della Grecìa Salentina, si è detta commossa per aver constatato la continuità nei secoli della lingua, delle tradizioni, dell'identità, ma anche delle radici comuni. L'unione dei dodici comuni di lingua ellenofona del Salento ha deciso di conferirle la cittadinanza onoraria. Il primo incontro si è svolto sabato mattina a Castrignano de’ Greci, accolta Roberto Casaluci presidente dell'Unione e sindaco del Comune di Castrignano dei Greci, per l’inaugurazione della stele commemorativa del 20° anniversario dell’Unione dei Comuni. Poi si sposterà a Carpignano (11.30). A Melpignano, accompagnata dal presidente dell'unione dei comuni, Roberto Casaluci e dalla vice sindaca di Melpignano Eleonora Gaetani, la presidente Sakellaropoulou è stata accolta dal presidente della Fondazione Massimo Manera e dall'Orchestra Popolare che hanno donato il tradizionale tamburello. Si è spostata poi a Zollino (13) e a Calimera per ricevere la cittadinanza onoraria (ore 16.30). Poi, visiterà Martignano (18), Soleto (18.40) e Sternatia (19.20). Domani sarà a Cutrofiano, Sogliano, Martano e Corigliano.

«Sono veramente molto commossa per aver constatato la continuità nei secoli della lingua, delle tradizioni, della vostra identità ma anche delle vostre radici comuni. Oggi sia la lingua che la musica costituiscono i ponti più forti e consolidati tra i due Paesi». Lo ha detto la Presidente visitando a Melpignano la sede della Fondazione Notte della Taranta, in occasione della sua visita di due giorni nei paesi della Grecìa Salentina.  «Noi sappiamo che la Notte della Taranta valorizza la lingua grica - ha detto ancora la presidente greca - Quest'Orchestra ha cantato in modo eccellente, ecco perché ci piacerebbe ospitarla in Grecia». Con i brani in grico Aremu, Klama e Calinitta, Enza Pagliara, Stefania Morciano, Consuelo Alfieri, Antonio Amato, Giancarlo Paglialunga, i musicisti Gianluca Longo, Giuseppe Astore, Antonio Marra, Roberto Gemma e i ballerini Mihaela Coluccia, Serena Pellegrino, Andrea Caracuta e Fabrizio Nigro hanno accolto la presidente che ha sottolineato: «pur non comprendendo ogni sillaba di questi meravigliosi versi, le voci colme e piene di nostalgia mi hanno commosso».

La visita

Kalòs Irtate recita il cartello stradale all'ingresso. Benvenuti, in griko. La traduzione è in piccolo, più giù: italiano, inglese, francese e tedesco. È l'ingresso di Calimera, ma potrebbe essere Martano, Sternatia o uno degli altri centri di quest'isola ellenofona nel cuore della provincia di Lecce: 12 Comuni in tutto, 60mila abitanti in totale, masserie e antiche corti, palazzi marchesali e chiesette, ultima propaggine della grecità di Terra d'Otranto. Grecìa salentina, come abbiamo imparato a chiamarla da qualche decennio a questa parte: prima mediaticamente inesistente, ora sulla bocca di tutti da quando la pizzica è diventata Notte della Taranta.

 

Il territorio griko


La stele del IV secolo a.C donata da Atene è sempre lì, dal 1960: simbolo di fratellanza, manifestazione di amicizia con la patria di Eschilo e Pericle, emblema del gemellaggio alimentato da viaggi e scambi culturali. Katerina Sakellaropoulou trascorrerà qui il fine settimana delle Palme, in visita ufficiale fra tour e la cittadinanza onoraria che le verrà conferita.

Un uomo seduto alla panchina ha saputo dell'arrivo della presidente della Repubblica Greca, ed è di buon umore più del solito. Kalimera, dice sorridendo. Buongiorno ed è una fortuna averlo trovato. Al bar, in edicola, in farmacia si parla italiano. Non è più come nei Paesi Baschi o nelle Fiandre dove la lingua è vita quotidiana: qui sotto i 60 anni è difficile trovare qualcuno che comprenda o sappia leggere il griko, il passaggio di testimone è rimasto incompiuto. Meglio sgomberare subito il campo dalle illusioni: i ragazzi si fermano a Kalispera o Kalinifta, giusto qualche altra parola, una strofa di un canto e poco, pochissimo altro. Cosa non ha funzionato è difficile dirlo: fino agli anni 50 del secolo scorso non c'era casa dove non si parlasse il griko, inevitabile che l'alfabetizzazione (scolastica e televisiva) andasse in un'altra direzione, un peccato che l'obiettivo dichiarato di tutelarne l'uso abbia centrato il bersaglio solo in limitati ambiti scolastici o culturali.


Niente nostalgia, però. Non ci sono battaglie vinte o perse, è andata così. Il griko ha perso la sua caratteristica di lingua d'uso e si è trasformato in altro. Le poesie di Franco Corlianò continueranno a essere studiate e il dizionario griko di Salvatore Tommasi resterà un baluardo per gli studi linguistici. Più sostrato culturale che carne viva, però. Quasi musealizzato.

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Le tesi sulle origini, tutte suggestive, continuano a scontrarsi l'una con l'altra. Un dibattito riaperto nientemeno che dal tedesco Gerard Rohlfs, uno dei più grandi glottologi del secolo scorso: si stabilì da queste parti per un po' di tempo e argomentò che il griko era nato delle colonie della Magna Grecia pre-romana. Tesi scientificamente confutata, più verosimili le origini greco-bizantine: per alcuni riconducibili ai lasciti tardo-antichi dell'Impero romano d'Oriente, per altri alla riconquista medievale di Bisanzio con l'apporto decisivo dei monaci basiliani. Epoca d'oro, quest'ultima, in cui l'isola grika si estendeva da Gallipoli a Otranto in un territorio molto più ampio prima che gli obblighi del rito latino (al posto di quello greco) e il Concilio di Trento riducessero l'isola ellenofona all'attuale area.


Nel secondo Novecento è materia socio-antropologica da studiare. Arriva anche Pier Paolo Pasolini, ma si resta sempre sul filo del rasoio: il rischio è finire dimenticati, lentamente risucchiati dalla modernità che assorbe tutto. Serve un'intuizione, un azzardo, un'inversione di rotta. Un gruppo di giovani sindaci - corre l'anno 1990 - s'inventa il Consorzio dei Comuni della Grecìa salentina: è il primo esperimento nel Salento. Quando nel 1999 arriva la legge sulla tutela delle minoranze linguistiche la svolta diventa sociale, politica ed economica: il Consorzio si trasforma in Unione dei Comuni e si mette in moto un motore perfetto per sviluppare progetti, attrarre finanziamenti, avviare cantieri, recuperare centri storici, firmare produzioni culturali e organizzare eventi come nessun altro da Lecce in giù. È la Grecìa salentina per come la conosciamo oggi: un punto di riferimento, pur tra i difetti, a cui guardare quando alle parole bisogna far seguire i fatti. Il fare che si aggiunge al pensare.


Qualche purista grida al tradimento, ma il dado ormai è tratto. Nasce la Notte della Taranta che si prende le grandi piazze, diventa Festival e muove le grandi masse con il concertone di Melpignano di fine agosto: fiore all'occhiello per suggestione culturale e indotto economico, vetrina televisiva di livello nazionale, fucina di talenti in giro per il mondo. Più che la svolta è la chiave di volta. La Notte della Taranta è l'architrave su cui poggia un modello di crescita. Nasce il Festival Canti di Passione che reinterpreta le cantiche della Settimana Santa con una serie di concerti sacri nelle chiese, ma è solo uno dei figli della Taranta. Un lungo elenco di idee, proposte ed eventi che non basterebbe un'intera pagina. L'Unione dei Comuni è la macchina che guida questo processo, lo reinventa ogni volta e lo finanzia tra bandi e misure speciali: occasione d'oro da non sottovalutare e un'intera generazione non se la lascia scappare.

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Certo, qualcosa si è perso per strada e a scorrere l'elenco degli obiettivi dello Statuto dell'Unione c'è molto che è rimasto irrealizzato: servizi non più partiti, il sogno sfumato di un corpo unico di agenti municipali, la mancata centralizzazione di progetti e tributi, gli uffici comunali con effetto doppione. Criticità che, però, non scalfiscono i risultati raggiunti e il volto cambiato di un intero territorio: la cultura che richiama i turisti, le masserie eccellenza della nuova ricettività, il reticolo dei b&b diffusi dove una volta c'erano catapecchie, nuove opportunità occupazionali, piccole aziende che s'inventano brand, zone industriali in espansione. È la nuova Grecìa salentina che prima non esisteva: la terra da cui una volta si scappava (verso Lecce, verso il Nord, verso la Svizzera) diventa buon retiro per chi viene da fuori e chance di lavoro per chi vi fa ritorno. Non si parte più. O, almeno, non si parte più numerosi come si faceva una volta.
Restano i campanili, ovviamente. Nessuno s'illuda che qui si vada d'amore e d'accordo su ogni cosa: invidie e rancori, Martano contro Calimera, sindaci che sgomitano, dispute su incarichi e finanziamenti. Il quadro rispecchia la storia della litigiosa madrepatria, ma pur sempre culla della democrazia: i Comuni della Grecìa salentina come le Città-Stato dell'Ellade, suggestiva analogia a 25 secoli di distanza. Ciascuno geloso della propria autonomia al punto da rischiare una guerra contro il vicino. Ma pronti, tutti, a fare squadra se c'è un alto traguardo da raggiungere, nell'interesse di tutti. Pronti a fare scudo come i greci a Maratona contro i Persiani quando la battaglia è vitale e in gioco c'è il futuro. Fratelli greci allo specchio, qualcosa vorrà pur dire. Kalòs Irtate, presidente.
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